Essa si verifica nel concorso doloso a fatto colposo altrui. La dottrina suole non ammettere questa forma di partecipazione ritenendo che urterebbe verso la costruzione unitaria del reato voluta dalla legge in tema di concorso. In pratica arriva a dire che dato che in questo caso non tutti i concorrenti debbono esser chiamati a rispondere perchè non siamo davanti a pluralità di illeciti imputabili a titoli diversi, in pratica non si potrà parlare di concorso.
La fattispecie di concorso incrimina una condotta senza tipicità originaria. Ciò accade proprio per il fatto che, partendo dalla concezione che è “forma di manifestazione del reato”, secondo Gallo ciò che può manifestarsi in maniera diversa è l’offesa contenuta dentro il reato (quindi potranno esser così puniti comportamenti che altrimenti esulerebbero dalla rilevanza penale). ad esempio il 439 prevede il fatto di chi avveleni acque destinate all’ali,tentazione prima che siano distribuite per il consumo. Tizio da un veleno a Caio, persona di buona fede, che realizza colposamente il fatto ex 439 e 452. Tizio pone in essere una condotta atipica rispetto alla fattispecie delineata dalla norma, quindi può rispondere solo a titolo di concorso della violazione (cosa indubitabile se Caio avesse agito senza colpa). La situazione allora sarebbe questa: o si rinuncia a incriminare Caio per il reato commesso, ovvero si lascia impunito Tizio che ha agito con dolo. È comunque un risultato assurdo da ambo le parti: per Gallo allora bisogna riflettere se sia il caso di intendere il cosiddetto “principio dell’unità del reato in regime di concorso” non come schema riassuntivo di risultati ottenuti in via interpretativa, bensì come regola vincolante per l’interprete.
C’è poi un secondo caso in cui sembra profilarsi una diversità di dolo tra concorrenti: esso accade quando una condotta estranea si innesta su quella che sta realizzando una ipotesi di reato e, portandola a compimento, determina la consumazione di questo. ad esempio tizio desideroso di comprare un opera di valore a basso costo, sia riuscito a convincere Caio, proprietario dell’opera, dello scarso valore di questa, mediante artefizi. Mevio sa del comportamento di Tizio, e compra per primo l’opera a bassissimo prezzo dato che Caio la intende una crosta. Qui Tizio dovrà rispondere di tentativo di truffa. Sarà invece difficile ravvisare lo stesso per Mevio, dato che il nostro legislatore non ha incriminato lo sfruttamento dell’errore dovuto a cause diverse dell’azione del soggetto agente. però la sua azione, inerendosi su quella di un altro, ha posto i requisiti tipici d’offesa di truffa, quindi ci si può chiedere se la punibilità a titolo di concorso non sia preclusa solo da quella mentalità che non ricava il concetto dalla norma, bensì la norma dal concetto.