Il testatore può manifestare sia la volontà diretta solo agli effetti tipici del testamento sia una volontà alla quale ineriscano elementi che hanno la funzione di incidere in vario modo sugli effetti del negozio testamentario: condizione, termine, onere.

Condizione

Le disposizioni a titolo universale o particolare possono farsi sotto condizione sospensiva o risolutiva (art. 633 cod. civ.).
Il Codice ha così eliminato ogni questione circa l’apponibilità di una condizione risolutiva all’istituzione di erede.

Art. 638: Se il testatore ha disposto sotto la condizione che l’erede o il legatario non faccia o non dia qualche cosa per un tempo indeterminato, la disposizione si considera fatta sotto condizione risolutiva, salvo che dal testamento risulti una contraria volonta’ del testatore.

Si era infatti sostenuto che l’apponibilità di una tale condizione contrastava col principio semel heres, semper heres e col divieto di sostituzione fedecommissaria. Ma in contrario si è osservato che il principio semel heres, semper heres non viene meno con l’apposizione di una condizione risolutiva, poiché quest’ultima non opera retroattivamente eliminando la disposizione stessa.
Quanto poi al divieto di sostituzione fedecommissaria, si nota che in quest’ultima ricorrono due istituzioni, laddove nella istituzione sotto condizione risolutiva si ha un’unica istituzione di erede.
La giurisprudenza di merito talvolta ha affermato che l’evento dedotto in condizione debba essere futuro rispetto al momento dell’apertura della successione. Ma la dottrina e la giurisprudenza della Corte di Cassazione ritengono appicabile il principio generale per cui la posteriorità deve essere valutata con riferimento al momento della conclusione del negozio stesso. Pertanto, è valida la disposizione con cui il testatore istituisce erede taluno “a condizione che lo assista fino alla morte”.

Occorre poi osservare come la condizione impossibile o illecita si considerino non apposte (art. 634 Codice civile). La differenza di disciplina con il contratto si spiega con l’intento del legislatore di attribuire efficacia quanto più è possibile alla volontà del testatore, perché mentre il negozio inter vivos può essere rifatto, non può ovviamente esserlo il testamento.
Tuttavia, la disposizione testamentaria è nulla qualora il motivo sviluppato nella condizione illecita abbia avuto da solo efficacia determinante sulla volontà del testatore.
Lo stesso è a dirsi se la condizione è impossibile.

art. 635 la Condizione di reciprocita’ è una condizione illecita, infatti:

E’ nulla la disposizione a titolo universale o particolare fatta dal testatore a condizione di essere a sua volta avvantaggiato nel testamento dell’erede o del legatario.

E’ illecita la condizione che impedisce le prime nozze o le ulteriori al beneficiario della disposizione. 636/1c.

Al fine di accertare se una condizione sia o meno illecita, in alcuni casi basta riferirsi solo al fatto dedotto in condizione (ad esempio, condizione di commettere un reato, condizione che l’istituito divorzi dal coniuge), mentre in altri casi è necessario fare riferimento anche alle intenzioni del testatore. Così, ad esempio, nel caso di condizione di non contrarre matrimonio con una determinata persona, occorre accertare se il testatore abbia voluto coartare la volontà dell’istituito o non abbia piuttosto considerato che egli, sposando quella persona, non avrà più bisogno dei beni ereditari. Così pure, nella condizione di diventare sacerdote, occorre vedere se si è voluto coartare la volontà dell’istituito o assecondarne la vocazione religiosa.
Rientra in quest’ultimo tipo di condizioni, la cd. clausola si sine liberis decesserit, che in linea di massima è valida, a meno che non sia impiegata per eludere il divieto del fedecommesso.

Termine

Norma di riferimento è l’art. 637 del Codice civile, che vieta l’apposizione di termini all’istituzione di erede. La norma ha la sua fonte nel noto principio semel heres, semper heres.
La dottrina trova la ratio della norma nell’esigenza di impedire facili violazioni del divieto di sostituzione fedecommissaria. Ove, infatti, fosse consentito nominare taluno erede “a partire da…”, ovvero “fino a…” (= fino alla data stabilita), si avrebbe una successione di eredi nella medesima quota ereditaria.
In omaggio al principio del favor testamenti, il legislatore non ha sancito la nullità dell’istituzione ereditaria, ma solo la nulltà del termine apposto.

È invece ammesso il legato sottoposto a termine. La dottrina giustifica questa figura, considerando che -nel caso di legato a termine- la titolarità del bene passa ad altro soggetto ma o si estingue (es. legato di usufrutto) o ricade nella sfera giuridica dell’erede (es. legato di proprietà), al momento della scadenza del termine stesso.

Onere

È un peso che il gratificato di una liberalità subisce per volontà del testatore, e può consistere sia nell’erogazione di una parte del vantaggio patrimoniale per un certo scopo, sia nel compiere un’azione o una omissione in favore del disponente o di un terzo.

A norma art.671: Il legatario e’ tenuto all’adempimento del legato e di ogni altro onere a

lui imposto entro i limiti del valore della cosa legata.

Tanto all’istituzione di erede quanto al legato puo’ essere apposto un onere.

Se il testatore non ha diversamente disposto, l’autorita’ giudiziaria, qualora ne ravvisi l’opportunita’, puo’ imporre all’erede o al legatario gravato dall’onere una cauzione.

L’onere impossibile o illecito si considera non apposto; rende tuttavia nulla la disposizione, se ne ha costituito il solo motivo determinante. 647

La dottrina tradizionale considera l’onere come elemento accidentale e accessorio del negozio giuridico, accanto alla condizione e al termine, trattandosi di un motivo che è penetrato nella struttura negoziale acquistando così rilievo giuridico.
L’essenza dell’onere sta nel fatto che con esso il disponente vuole attuare un fine che “si aggiunge” a quello principale dell’atto a titolo gratuito, ed opera come ulteriore movente dell’animo liberale.
La conferma del carattere accessorio viene dalla dottrina ritrovata sul piano normativo nella disciplina dell’onere impossibile e/o illecito, il quale si ha per non apposto, per cui cadrebbe dell’unico negozio la parte accessoria e non anche quella principale.
La dottrina più moderna (Giorgianni) ha invece negato il carattere accessorio dell’onere, affermando che esso è una disposizione autonoma mortis causa che si pone accanto allistituzione di erede e di legatario. Questa natura giuridica discenderebbe dalla disciplina positiva, che prevede un’ampia ambulatorietà dell’onere, in quanto esso trasmigra anche a carico di coloro che non sono obbligati per testamento: coeredi e legatari, a favore dei quali si verifica l’accrescimento, ecc.

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