L’impugnazione della legge regionale tra passato e presente

Le ragioni dell’eliminazione del rinvio vanno ricercate nella prova pessima che esso ha dato nella prassi. Infatti il Governo ne faceva uso per “orientare” le scelte della Regione, dietro minaccia di impugnazione o dei cd rinvii plurimi.

Le Regioni hanno infatti preferito evitare di giungere dinnanzi al giudice delle leggi, piegandosi alle indicazioni fornite dal Governo.

La mancata riproposizione del giudizio di merito davanti alle Camere, invece si collega alla totale inapplicazione delle previsioni costituzionali a riguardo: nessuna impugnazione per violazione dell’interesse nazionale o dell’interesse di altre Regioni dinnanzi alle Camere è mai stata proposta, anche se ciò non ha impedito che il Governo trasponesse la formula dell’ interesse nazionale da canone costruito per i giudizi di merito, in “parametro” cui commisurare la conformità a Costituzione delle leggi regionali nei giudizi di legittimità.

Rinvii plurimi: secondo la precedente formulazione dell’art 127, il Governo avrebbe potuto impugnare la legge statale solo se il Consiglio, dopo il rinvio, l’avesse approvata con la maggioranza assoluta.

Tuttavia il Governo poteva impugnare solo l’identico testo di legge. Se la Regione avesse apportato delle modifiche, la legge era nuovamente rinviabile. Poiché il Governo dunque faceva largo uso di tali continui rinvii, anche a seguito di motivi pretestuosi, la giurisprudenza costituzionale ha optato per un criterio prevalentemente sostanziale, abilitando il Governo ad effettuare un ulteriore rinvio solo se le modifiche apportate non fossero meramente formali ma sostanziali.

L’individuazione dell’organo competente al controllo e la definizione dei vizi delle leggi regionali

L’organo competente all’impugnazione resta sempre il Governo; il ricorso infatti è presentato dal Presidente del Consiglio dei Ministri previa delibera del Consiglio dei Ministri.

L’individuazione dell’organo competente nel Governo non sembrerebbe una scelta felice, essendo organo politico, pertanto non adatto per sua natura a svolgere un controllo di questo tipo.

In realtà sono vari gli aspetti che spingono ad affermare che tale controllo abbia proprio dei connotati politici e che la scelta dell’organo competente non poteva essere migliore. Infatti oltre alla constatazione che le leggi regionali siano atti riconducibili all’attività di indirizzo politico della Regione, il Governo può impugnare la legge regionale e non ne ha l’obbligo, cosa che sarebbe stata inevitabile se il controllo fosse indirizzato al mero ripristino della legalità.

Questo ovviamente non significa che il controllo possa svolgersi in modo irragionevole o sulla base di mere valutazioni di opportunità politica, ma solo che il “monitoraggio” sulla legislazione locale non possa che essere filtrato alla luce dell’indirizzo politico governativo.

 Il vizio in corrispondenza del quale sia possibile impugnare una legge regionale è indicato dall’art 127, laddove sancisce che la legge regionale è impugnabile se eccede la competenza. In realtà però il diritto costituzionale vivente ha inteso questa accezione in senso molto più ampio, ravvedendo nell’eccesso di competenza, la violazione di qualunque disposizione costituzionale.

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