L’autonomia di spesa e la potestà legislativa delle Regioni in materia
L’autonomia di spesa è la “madre” di tutte le autonomie. Il bilancio infatti è lo strumento indispensabile per la realizzazione dell’autonomia stessa. Il versante della spesa è quello con cui l’ente può esibire l’indirizzo che si prefigge di perseguire e lasciando intendere in che modo intende esercitare le competenze che sono ad esso affidate. Pur non essendo stato ricompresa tra le materie che originariamente l’art 117 attribuiva alla potestà esclusiva delle Regioni, parte della dottrina ritenevano che fosse implicita. Infatti senza la potestà legislativa in materia, la Regione non avrebbe potuto esercitare le altre potestà affidatele. Altra parte della dottrina invece, ha ritenuto di poter ritrovare un collegamento più stretto con la materia dell’ordinamento degli uffici, essendo il bilancio collegato al loro funzionamento.
Il testo riformato della Costituzione sembra confermare questo orientamento anche se non brilla di particolare chiarezza.
Alcune disposizioni rilevano particolarmente:
– art 119 à fa riferimento ad autonomia finanziaria della Regione e degli enti locali;
– art 117 IIIc à annovera tra le materie di potestà ripartita l’armonizzazione dei bilanci pubblici. La Regione è messa nelle condizioni pertanto di poter definire con lo Stato di definire l’intero quadro della finanza pubblica.
La potestà delle Regioni in materia contabile è riconosciuta a partire dalla legge quadro 335/76, contenente principi fondamentali e norme di coordinamento in materia di bilancio e di contabilità delle Regioni. In realtà tali disposizioni rimasero a lungo disattese. Viene istituito oltre al bilancio annuale, quello pluriennale, per un periodo oscillante dai 3 ai 5 anni.
La finanza delle Regioni a statuto speciale
Le Regioni a statuto speciale godevano di maggiore autonomia finanziaria. Il processo avviato con la Legge Bassanini e poi recepito dalla riforma del titolo V, che ha uniformato sempre più la situazione tra le due diverse tipologie di Regione, rende problematico il mantenimento di tale regime duale di finanza.
L’art 116, pur mantenendo ferma la distinzione tra i due tipi di Regione, da modo alle Regioni di diritto comune di assumere l’iniziativa per il riconoscimento di una maggiore autonomia. Tale possibilità data però in campo finanziario e non sorretta da una differenziazione sul piano delle materie e delle funzioni, non appare ragionevole.
Tuttavia negli statuti speciali su hanno molte indicazioni rivolte a connotare la specificità dell’autonomia finanziaria delle rispettive Regioni, a conferma della quale basti citare il fatto che in questi enti quasi il 50% delle entrate è assicurato da compartecipazioni a tributi erariali, mentre in quelle a statuto ordinario tale forma di finanziamento arriva al massimo al 3%.