Premessa: l’intelaiatura del nuovo art 118

La nuova formulazione dell’art 118 è totalmente diversa rispetto alla precedente. Al contrario di quanto accaduto invece per l’art 117 che, pur modificando le modalità di attribuzione delle competenze, è rimasto fermo sulla antica potestà concorrente.

L’attuale art 118 sancisce che : “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.”

Il secondo comma invece stabilisce che: “I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

Invece la vecchia formulazione dell’art 118 prevedeva che venissero attribuite alle Regioni un patrimonio di funzioni amministrative su materie individuate in modo indiretto, attraverso il rinvio all’art 117, con la sola eccezione di quelle di “interesse esclusivamente locale” attribuibili da leggi della Repubblica a Province, Comuni e altri enti locali.

Come si può notare la nuova formulazione dell’art 118 rompe completamente ogni legame con quella prevista dall’Assemblea Costituente. Unico legame con il passato si rinviene nella L 59/1997, laddove si fa riferimento ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza ed inoltre per definire la devoluzione delle competenze si utilizza il termine conferimento.

Le funzioni amministrative secondo il vecchio modello costituzionale

Secondo la vecchia formulazione dell’art 118 per attribuire le competenze amministrative si faceva riferimento al cd principio del parallelismo, ossia alla Regione si attribuiva oltre che la competenza legislativa, anche quella amministrativa con riguardo alle materie elencate dall’art 117, salvo il caso in cui le suddette competenze amministrative siano attribuite con legge statale alle province, comuni o altri enti locali, con riguardo alle materie di interesse esclusivamente locale.

In realtà però la condizione degli enti locali, Comuni e Province era totalmente sbilanciata rispetto a quella delle Regioni, specie sul piano processuale. Infatti alle Regioni è data la possibilità di ricorrere dinnanzi alla Corte Costituzionale nel momento in cui leggi o altri atti statali dovessero ledere le loro competenze, mentre tale possibilità è negata ai Comuni ed agli enti infraregionali in genere.

Il quadro a conti fatti è il seguente: le Regioni erano titolari di unzioni amministrative proprie, in quanto attribuite dalla Costituzione, da cui la necessità di meri atti di trasferimento che consentissero l’esercizio delle stesse.

Alle funzioni proprie potevano aggiungersi altre funzioni delegate dallo Stato, diverse da quelle previste dall’art 117.

La Regione poteva delegare l’esercizio di tali funzioni ad enti minori, o esercitarle attraverso l’avvalimento dei loro uffici.

La differenza tra delega ed avvalimento sta nel fatto che attraverso la prima le Regioni avrebbero potuto spogliarsi dell’esercizio delle funzioni in modo stabile, mentre l’avvalimento avrebbe dovuto dar luogo ad un’attività di collaborazione di tipo burocratico.

La Costituzione non aveva dunque pensato minimamente agli enti locali quali titolari di funzioni amministrative, se non di quelle di interesse esclusivamente locali, da attribuire ad essi con legge statale. In linea generale gli enti locali non erano altro se non “i gestori” delle funzioni regionali.

Le materie di competenza regionale e la loro “ridefinizione” (tra non poche oscillazioni e complessive carenze) ad opera della normativa di trasferimento delle funzioni: notazioni generali

Passando dal disegno originario al modo con cui si è proceduto al trasferimento delle funzioni amministrative, occorre far riferimento al DPR 616/1977 e al DPR 112/1998.

Ai decreti suddetti si deve non soltanto la messa a punto ed il complessivo assetto dell’autonomia regionale sul piano amministrativo, ma anche sullo stesso piano della legislazione. Questo perché ai decreti in parola si deve la “ridefinizione”delle materie di competenza regionale su entrambi i piani.

Proprio qui si hanno i nodi più fitti che hanno frenato lo sviluppo dell’autonomia regionale e che, anzi ne hanno mortificato le aspettative in nome di interessi nazionali non meglio precisati.

Si è compressa l’autonomia speciale ritardandone ad arte il decollo operando un forte ritaglio all’interno dei campi materiali astrattamente spettanti alle Regioni di settori trattenuti dallo stato e considerati preclusi sia alla disciplina legislativa che all’attività amministrativa regionale.

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