La questione del danno si può sinteticamente rappresentare nei termini di una mancanza di progetto: si è più che altro seguita la giurisprudenza nella scoperta di nuove ipotesi di danno.

Lasciando da parte il danno non patrimoniale, verificare l’identità giuridica del danno significa ampliare o restringere la portata della responsabilità civile sotto il profilo degli interessi tutelati, ma non mette in questione la logica secondo la quale essa tende a disciplinare i conflitti di interessi: si tratta eventualmente di individuarne di nuovi, regolandoli poi alla stessa stregua di quelli già noti.

Ma in tal modo la responsabilità civile ha cessato di mettersi in questione: la logica dell’istituto si mette in discussione quando si muova dalla prospettiva dei criteri di imputazione.

Dato un certo danno, ci sarà risarcimento oppure no a seconda che l’iter attraverso il quale il danno è giunto a realizzarsi sia connotabile nei termini richiesti dal criterio di imputazione.

E cosa analoga si può dire ove si segua la traiettoria del rapporto di causalità.

Articolare in vario modo i criteri di imputazione o rendere in varia misura rilevante il nesso causale significa decidere complessivamente quali danni ed in quali limiti possono essere traslati su sfere giuridiche diverse da quelle originariamente colpite.

In questa sede, volendo verificare ciò che si è fatto, la strada è segnata dalla vicenda applicativa e dall’analisi teorica di ciò che è diventato il danno ingiusto, elemento primo della fattispecie di responsabilità, senza il quale un problema circa l’allocazione di una perdita patrimoniale, o comunque di un risarcimento se di lesione non patrimoniale si tratta, non può neppure porsi.

Nel § precedente abbiamo già affrontato dalla prospettiva del danno non patrimoniale le questioni sistematiche più importanti: l’esame va ora condotto dalla prospettiva del danno patrimoniale.

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