Nel processo penale minorile l’udienza preliminare assolve un ruolo fondamentale: oltre alle ordinarie funzioni di garanzia (consistenti nel controllo giurisdizionale della fondatezza dell’accusa) essa si configura come la sede primaria di definizione del procedimento, poiché essa consente di applicare tutti i provvedimenti previsti dalla legge nei confronti del minorenne.

Nell’udienza preliminare il giudice può, come accade per gli adulti, emettere il decreto che dispone il giudizio o pronunciare sentenza di non luogo a procedere o disporre il giudizio abbreviato.

Non è esperibile l’applicazione della pena su richiesta né il procedimento per decreto.

Il g.u.p. minorile può inoltre:

  • emettere sentenza di non luogo a procedere per irrilevanza del fatto o per concessione del perdono giudiziale;
  • può disporre con ordinanza la sospensione del processo e la messa alla prova del minorenne;
  • può condannare l’imputato ad una pena pecuniaria, diminuibile fino alla metà del minimo edittale, o ad una sanzione sostitutiva su richiesta del p.m. Avverso tale sentenza è espressamente prevista la possibilità che l’imputato o il difensore, munito di procura speciale, propongano opposizione, al fine di instaurare il giudizio ordinario. (art. 32.2 cppm)

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La Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità del comma in esame nella parte in cui non prevede la possibilità di opporsi anche a quelle sentenze di non luogo a procedere che presuppongono la responsabilità dell’imputato.

Con la l. 63/2001 sul giusto processo è stato previsto che nell’udienza preliminare, prima dell’inizio della discussione, il giudice deve chiedere all’imputato se consente alla definizione del procedimento in quella fase.

In mancanza del consenso dell’imputato, il giudice ha facoltà di definire il processo con una sentenza di non luogo a procedere nel merito con formula ampiamente liberatoria, oppure può emettere una pronuncia che, comunque, non presupponga un accertamento di responsabilità.

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