Accanto al rito ordinario (disciplinato dagli artt. 49-90), il c.p.a. prevede e disciplina i cd. riti speciali: questi procedimenti riguardano controversie che, in considerazione della loro peculiarità (accesso ai documenti e ricorsi contro il silenzio) o per la loro particolare rilevanza economica (appalti pubblici) o politica (contenzioso elettorale) sono sottoposti a regole speciali.
Il rito in materia di accesso ai documenti (art. 116 c.p.a.)
Per quanto riguarda il rito in materia di accesso ai documenti, l’ azione deve essere proposta entro 30 gg. dal diniego di accesso ovvero dalla formazione del silenzio (l’ interessato, in ogni caso, può proporre la domanda anche nell’ ambito del ricorso principale); la decisione è presa dal giudice in forma semplificata (questi, qualora accolga il ricorso, ordina all’ amministrazione di esibire, entro 30 gg., i documenti richiesti).
I ricorsi avverso il silenzio (art. 117 c.p.a.)
Per i ricorsi avverso il silenzio, il ricorrente può esercitare l’ azione entro 1 anno dalla scadenza del termine per la conclusione del procedimento (è fatta salva, tuttavia, la possibilità di riproporre l’ istanza con conseguente decorrenza dei nuovi termini); anche in questo caso, la decisione viene presa dal giudice in forma semplificata (e, in caso di accoglimento del ricorso, l’ amministrazione è ottemperata a provvedere entro 30 gg.).
Il procedimento di ingiunzione (art. 118 c.p.a.)
Al procedimento di ingiunzione può ricorrere il creditore di una somma di denaro (nell’ ambito della giurisdizione esclusiva su diritti soggettivi di natura patrimoniale); l’ ingiunzione a pagare, emessa dal presidente del Tar (o da un magistrato da lui delegato) è opponibile con ricorso dinanzi al Tribunale.
Il rito abbreviato in determinate materie (art. 119 c.p.a.)
Nelle controversie elencate nel co. 1 dell’ art. 119 (tra le quali ricordiamo: l’ affidamento di lavori, servizi e forniture; i provvedimenti delle Autorità amministrative indipendenti; la privatizzazione di imprese o beni pubblici) i termini processuali sono ridotti a metà (ad eccezione dei termini per ricorrere, che rimangono immutati).
Se il rito abbreviato viene adìto con domanda cautelare, il giudice può fissare l’ udienza di merito, ove ritenga che il ricorso sia fondato, che il pregiudizio sia grave ed irreparabile e che il contraddittorio sia completo (è bene specificare, però, che tra il deposito dell’ ordinanza cautelare e l’ udienza di merito deve decorrere un termine non inferiore a 30 gg.).
Considerazioni particolari è necessario, a questo punto, dedicarle al rito in materia di affidamento di lavori, servizi e forniture: in tali controversie, infatti, trovano applicazione ulteriori regole. Innanzitutto, va detto che, qualora sia mancata la pubblicità del bando di gara, il termine per ricorrere è di 30 gg. (decorrenti dalla pubblicazione dell’ avviso di aggiudicazione definitiva).
Gli artt. 121-123 c.p.a. disciplinano, poi, i rapporti tra l’ annullamento dell’ aggiudicazione ed il contratto stipulato con l’ aggiudicatario, devolvendo la relativa giurisdizione al giudice amministrativo (in tal modo è stato risolto un controverso problema che ha visto da sempre su posizioni contrapposte il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione).
Al riguardo, è importante sottolineare che l’ annullamento dell’ aggiudicazione non travolge necessariamente il contratto, ma ne determina, tuttavia, l’ inefficacia: ciò si verifica, ai sensi dell’ art. 121 c.p.a., se l’ affidamento non è stato preceduto dal bando o è avvenuto con procedura negoziata senza bando, ovvero ancora se il contratto è stato stipulato senza rispettare il termine dilatorio stabilito dall’ art. 11 c.p.a. o senza rispettare la sospensione obbligatoria del termine per la stipulazione derivante dalla proposizione del ricorso giurisdizionale contro l’ aggiudicazione definitiva.
È bene precisare, però, che il giudice, nei casi su menzionati, non può dichiarare l’ inefficacia del contratto qualora sussistano determinate esigenze connesse ad un interesse generale: tali esigenze ricorrono, ad es., nel caso in cui risulti evidente che gli obblighi contrattuali possono essere soddisfatti solo dall’ esecutore attuale; o quando dalla declaratoria di inefficacia deriverebbero esigenze sproporzionate, soprattutto nei casi in cui il ricorrente non abbia chiesto di subentrare nel contratto.
A differenza delle ipotesi elencate nell’ art. 121 c.p.a. (che, come abbiamo visto, regola i casi in cui il giudice è tenuto a dichiarare l’ inefficacia del contratto stipulato con l’ aggiudicatario o gli è vietato di dichiararla in presenza delle esigenze imperative su esposte), il successivo art. 122 rimette, invece, al giudice la facoltà di dichiarare inefficace il contratto (ovviamente, fuori dei casi indicati nell’ art. 121).
Qualora il contratto venga dichiarato inefficace, il ricorrente potrà ottenere l’ aggiudicazione; viceversa, nel caso in cui non lo dichiari tale, il giudice disporrà il risarcimento del danno per equivalente.