La disciplina dell’attività amministrativa e la sua autonomia rispetto ai soci ha risvolti diversi nell’ambito delle società di capitali tra società per azioni e società a responsabilità limitata. Nelle società per azioni infatti gli amministratori hanno raggiunto l’autonomia di un organo sociale dotato di proprie ed esclusive competenze sull’esercizio delle quali i soci non possono interferire. Ai soci è consentito infatti solo provvedere in via diretta o indiretta alla scelta dei soggetti che fanno parte dell’organo amministrativo e valutare, in sede di approvazione del bilancio, l’esito della loro attività (nelle società che adottano il sistema dualistico peraltro tale incombenza spetta al consiglio di sorveglianza).
La legge stabilisce infatti per le società per azioni che la gestione dell’impresa sociale spetta in via esclusiva all’organo amministrativo cui spetta quindi il potere di compiere tutte le operazioni necessarie per il raggiungimento dell’oggetto sociale. Pertanto lo statuto non può attribuire all’assemblea alcune di tale competenze ma può solo stabilire che per il compimento di determinati atti gli amministratori abbiano bisogno dell’autorizzazione dell’assemblea ordinaria fermo restando che ciò non esclude la loro responsabilità per gli atti compiuti spettando comunque a loro la decisione se compiere o meno tali atti.
Nella società a responsabilità limitata invece, in base al riconoscimento dell’interesse dei soci di contribuire alle scelte della società, la posizione degli amministratori si caratterizza per una ben minore autonomia. Basti pensare infatti alla disposizione che consente agli amministratori che rappresentano almeno un terzo del capitale di sottoporre ai soci l’approvazione di un qualunque argomento e quindi alla conseguente regola che estende ai soci che hanno intenzionalmente deciso o autorizzato un atto dannoso la responsabilità degli amministratori o alla possibilità che ad alcuni soci siano attribuiti particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società.
Ne consegue che anche la scelta del modello organizzativo dell’amministrazione è di gran lunga più rigido nella società per azioni. Infatti la società può scegliere tra uno dei tre modelli ideati dal legislatore, rappresentati dal modello tradizionale, dualistico o monistico. Nel modello tradizionale amministratori e sindaci sono due organi posti in posizione di totale autonomia tra di loro anche se questi ultimi, partecipando alle riunioni del consiglio di amministrazione, possono esercitare una certa influenza sulla gestione della società. Nel modello dualistico invece l’organo amministrativo (il consiglio di gestione) è nominato da quello di controllo (il consiglio di sorveglianza) e quindi il secondo pur non partecipando direttamente alle riunioni del primo può concorrere alle scelte strategiche della società.
Nel modello monistico invece l’organo di controllo viene scelto tra alcuni componenti del consiglio di amministrazione e quindi il potere di controllo, in quanto è esercitato da persone che sono anche amministratori, comporta il diretto esercizio di poteri di gestione. In tutti e tre i modelli la legge richiede che gli amministratori operino in modo collegiale (tranne che nell’ipotesi nel modello tradizionale dell’amministratore unico). Per quanto riguarda il numero degli amministratori lo statuto deve limitarsi, per il modello tradizionale e monistico, a fissare un numero minimo e massimo, stabilendo il numero esatto l’assemblea all’atto della nomina, mentre nel modello dualistico il numero degli amministratori è stabilito dal consiglio di sorveglianza nei limiti stabiliti dallo statuto.
La legge pone anche un limite massimo per la durata degli amministratori, pari a tre esercizi. Essi, salva diversa disposizione dello statuto, sono rieleggibili. Nella società in accomandita per azioni invece i soci accomandatari sono amministratori di diritto e quindi restano in carica senza limiti di tempo finchè conservano tale qualità. Nella società a responsabilità limitata la più ridotta autonomia degli amministratori rispetto ai soci spiega il fatto che l’amministrazione possa essere organizzata con più flessibilità nell’atto costitutivo.
La legge infatti prevede un affidamento dei compiti di amministrazione ad uno o più soci salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo e quindi se ne deduce che si possa nominare anche un non socio ma anche che si possa derogare alla creazione di uno specifico e distinto organo amministrativo. La legge non pone neanche un termine di durata della carica di amministratore e quindi è possibile che essi possano essere nominati nell’atto costitutivo per l’intera durata della società.