La comunione dei beni
È la situazione in cui più soggetti sono titolari di un medesimo diritto reale sullo stesso bene. Qualora il diritto in questione sia quello di proprietà si parla di comproprietà e i titolari sono denominati condòmini; mentre nel caso di comunione di altri diritti reali i titolari sono definiti comunisti. La misura del diritto di ciascun comproprietario è quantificabile e rappresentata dalla quota (ad es., se il bene in comunione è costituito da un fondo che produce frutti e un soggetto è titolare di una quota pari a un terzo, a questi spetterà un terzo dei frutti prodotti).
- Origini. La comunione sorge a seguito di contratto, di successione ereditaria e per legge in certi casi particolari, quali, ad es., la comunione delle parti comuni di un edificio (scale, tetto ecc.) o del muro su confine (comunione forzosa). Se l’atto in forza del quale è sorta la comunione non dispone diversamente, i partecipanti cc 1102 possono servirsi della cosa comune a condizione di non alterarne la destinazione, né impedire agli altri partecipanti alla comunione di farne un uso conforme al loro diritto.
- Spese e amministrazione. Ciascuno partecipa alle spese in proporzione delle rispettive quote, che possono essere vendute o ipotecate. Per le decisioni relative all’amministrazione e alla conservazione del bene occorre la volontà favorevole della maggioranza dei partecipanti, calcolata non secondo criterio numerico, ma sulla base del valore delle quote cc 1105. L’alienazione del bene comune richiede il consenso di tutti i partecipanti. Le decisioni della maggioranza possono essere impugnate dinanzi al giudice dal comunista dissenziente.
- Scioglimento. La comunione si scioglie con la divisione, che può essere domandata da qualunque compartecipante cc 1111. La divisione può farsi sulla base dell’accordo degli interessati o, in mancanza di esso, dal giudice.
Il condominio. Tipo di comunione avente per oggetto un edificio. Ogni condòmino ha la proprietà esclusiva di uno o più appartamenti, mentre alcune parti dell’edificio, quali, ad es., il suolo su cui esso sorge, le fondazioni, le scale, i muri maestri, il tetto e il cortile appartengono in comunione ai diversi condòmini. Questi ultimi hanno sulle parti comuni un diritto di quota, proporzionale al valore delle loro proprietà ed espresso in millesimi cc 1117. Il diritto di quota è inseparabile dalla proprietà dell’appartamento e la comunione delle parti comuni non può essere sciolta su richiesta dei condòmini.
1. Uso e amministrazione delle parti comuni. Per quanto concerne l’uso e l’amministrazione delle parti comuni sono previsti due organi: l’assemblea e l’amministratore. Ogni condòmino cc 1102 può servirsi delle parti comuni se non ne altera la destinazione e non impedisce agli altri condòmini di farne lo stesso uso secondo il loro diritto. Può anche apportare a proprie spese delle modificazioni che migliorino il godimento del bene. Non può però estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri, se non per usucapione (20 anni di palese uso esclusivo). Altra norma basilare cc 1122 è quella che vieta al condòmino di eseguire nella sua proprietà opere che rechino danno alle parti comuni. In deroga alla regola secondo cui tutte le innovazioni della cosa comune devono essere adottate con un numero di voti che rappresenti la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell’edificio, la legge dispone che per le innovazioni relative all’adozione di sistemi di riscaldamento l’assemblea di condominio decide a maggioranza. Più in generale, gli interventi di recupero relativi a un unico immobile composto da più unità immobiliari possono essere disposti dalla maggioranza dei condòmini che comunque rappresenti almeno la metà del valore dell’edificio.
a) Controversie fra condòmini. Devono essere discusse e risolte dall’assemblea del condominio, che vota le decisioni a maggioranza assoluta dei presenti, i quali devono rappresentare almeno la metà più uno dei millesimi totali. Se la delibera non viene accettata da uno o più dei condòmini in disaccordo la discussione deve essere portata davanti al giudice civile con l’ausilio di un avvocato
La multiproprietà
È un particolare investimento in beni durevoli, per lo più immobili, che consente di diventare proprietario dell’oggetto in questione per un periodo di tempo determinato qualche mese o qualche settimana che si ripete ogni anno. Attualmente la materia non è disciplinata da alcuna legge. Secondo alcuni, all’istituto della multiproprietà dovrebbe applicarsi la disciplina dettata per la comunione; ma le più recenti interpretazioni propendono per una diversa definizione: nel caso della multiproprietà non vi sarebbe comunione bensì una coesistenza di distinte proprietà su beni altrettanto distinti, che corrispondono nel loro numero alle frazioni temporali di godimento del bene attribuite a ciascun singolo multiproprietario. Ne consegue che i rapporti tra i diversi proprietari non possono essere regolati dalle norme dettate per la comunione, ma devono essere ricondotti alla disciplina del condominio e del buon vicinato