Il sistema degli enti pubblici è prosperato in Italia sino agli anni ’70 (periodo nel quale esso ha raggiunto il massimo sviluppo); a partire da quel momento sono intervenuti due fattori che ne hanno determinato un drastico ridimensionamento.
Il primo ridimensionamento si è avuto nel 1972 con l’ entrata in funzione delle regioni a statuto ordinario: molti enti pubblici esistenti in quel periodo operavano, infatti, in molti settori che l’ art. 117 Cost. (testo originario) ha successivamente riservato alla potestà legislativa regionale (beneficienza, assistenza, istruzione professionale, turismo e agricoltura: settori nei quali le regioni disponevano anche di potestà amministrativa ed organizzativa, ex art. 118 Cost., testo originario); in conseguenza di ciò, pertanto, molti enti pubblici sono stati soppressi.
Il secondo ridimensionamento si è avuto, invece, in seguito ad una riconsiderazione dell’ interesse pubblico che, a suo tempo, aveva giustificato l’ istituzione dell’ ente pubblico; invero, molti enti pubblici sono stati istituiti nel tempo per prestare assistenza a determinate categorie di persone (si pensi, ad es., all’ ENAOLI, ente nazionale di assistenza orfani lavoratori italiani, all’ ONIG, opera nazionali invalidi di guerra, ovvero all’ opera nazionale combattenti); a metà degli anni ’70 ci si domanda se questi enti necessitino assolutamente di una personalità giuridica di diritto pubblico (se questa, infatti, era stata attribuita allo scopo di dotare l’ ente di beni conferiti dallo Stato o di riscuotere contributi degli associati, era, in realtà, sufficiente mantenere in vita questi due privilegi, trasformando, però, l’ ente in persona giuridica di diritto privato). In questa prospettiva, sono stati trasformati in persone giuridiche di diritto privato gli enti di previdenza e assistenza che non svolgono funzioni di rilevante interesse pubblico (e la stessa operazione è stata fatta per gli enti pubblici operanti in settori diversi dalla previdenza e assistenza).
Un ruolo importante, nella trasformazione degli enti pubblici in soggetti privati, lo ha svolto, poi, anche la Corte costituzionale: questa, infatti, con sent. 396/88, ha dichiarato l’ illegittimità costituzionale dell’ art. 1 L. 6972/1890 (cd. legge Crispi), nella parte in cui qualifica come istituzioni pubbliche di assistenza e beneficienza le opere pie. La Consulta ha sottolineato, in particolare, che una generalizzata pubblicità contrasta con l’ art. 38, ult. co. Cost., secondo il quale l’ assistenza privata è libera; pertanto, se il privato è libero di prestare assistenza, deve essere libero di farlo anche a mezzo di organizzazioni impersonali (associazioni, fondazioni, etc.); in ragione di tale pronuncia, quindi, sono venuti meno migliaia di enti pubblici.
È necessario sottolineare, infine, che l’ ultima tappa del percorso di ridimensionamento degli enti pubblici è oggi costituita dal massiccio programma di trasformazione e soppressione degli stessi, enunciato dalla legge finanziaria (L. 448/01) e proseguito con il d.l. 78/10 (da tale programma sono, però, esclusi gli enti pubblici che gestiscono la previdenza sociale a livello di primario interesse nazionale e quelli che sono essenziali per esigenze della difesa o della sicurezza pubblica.)