Anche nel mondo delle campagne le trasformazioni di regime avvenute nei secoli XII e XIII furono profonde.

Si modificarono i rapporti del contado con i centri urbani e con i poteri tradizionali.

Contemporaneamente le comunità rurali riuscirono a raggiungere e consolidare forme di autonomia quali né il mondo antico né i secoli altomedievali avevano mai conosciuto.

Allo sviluppo demografico si accompagnò una estensione considerevole delle colture tramite il dissodamento di terre prima boschive o destinate a pascolo.

Il moltiplicarsi delle città e l’accrescersi della loro popolazione provocò la domanda di una produzione agricola sempre maggiore e rese acuta l’esigenza, avvertita dai comuni urbani, di esercitare un controllo diretto sul territorio circostante.

Nell’Italia comunale spesso il contado fu assoggettato con atti di forza conquistando i castelli e i luoghi fortificati, che al comune interessavano anche per ragioni di sicurezza nei confronti delle città vicine.

Si riteneva che le città episcopali vantassero sul territorio diocesano un vero e proprio diritto scaturente dalla soggezione delle singole pievi all’autorità del vescovo; un diritto del quale i comuni, succeduti ai vescovi nell’esercizio dei poteri pubblici, si fecero forti nei riguardi del proprio contado.

Non di rado la città acquistò per denaro i diritti feudali su terre del contado, sostituendosi ai precedenti signori e ricevendo il giuramento di fedeltà dalla comunità locale.

Altre volte una comunità si dette, col suo signore, alla città vicina, contrattando in modo a sé vantaggioso le condizioni della propria futura dipendenza.

Nei comuni soggetti la città di regola esercitava la sua supremazia nominando podestà o rettori di estrazione cittadina, scelti per lo più dalla città stessa, ma talora eletti dagli abitanti stessi del contado.

Gli strumenti di cui ci si avvalse per stabilire gli oneri e i diritti delle comunità rurali furono generalmente le carte di franchigia e i privilegi concessi dal signore.

Alcune carte di libertà ed alcune legislazioni cittadine divennero modelli largamente imitati.

I tratti distintivi delle comunità rurali emergono da testi di questa natura, ma anche da documenti processuali, da contratti, da statuti, da raccolte di usi locali o generali, come i Weistumer germanici.

Questi documenti hanno trasmesso una parte delle tradizioni agrarie e pastorali, molte delle quali si cercherebbero invano nei testi giuridici medievali: la storia delle consuetudini contadine è una storia in gran parte nascosta, che ha lasciato ben poche tracce scritte. All’interno del villaggio una serie di regole disciplinavano i rapporti di vicinato: obblighi e diritti reciproci riguardo agli alberi e ai frutti del vicino, alle distanze legali, alle recinzioni, al prestito di attrezzi o di animali da lavoro, all’aiuto vicendevole in caso di necessità.

L’affermarsi della rotazione triennale delle colture agrarie rese, tra l’altro, più stretta l’interdipendenza dei singoli contadini.

Nell’età della rinascita, a partire dal XII secolo, molte comunità rurali raggiunsero un’autonomia prima sconosciuta.

dalla semplice comunità di villaggio si passò in molti casi e in molte regioni d’Europa ad un vero comune, dotato di organi propri e di un proprio specifico diritto.

Nell’Italia comunale numerose sono le testimonianze, già nella prima metà del XII secolo, dell’esistenza di consoli in piccoli centri del contado, i cui abitanti avevano dato vita a un comune attraverso un patto giurato di aiuto reciproco («iuramentum salvamenti»).

Nei territori francesi e tedeschi esistevano modelli diversi:

  • talora era il villaggio ad eleggere liberamente il proprio capo («scultato», «ammano»), affiancato dagli scabini;
  • talaltra lo scultato era di nomina signorile,; non di rado il Bauermeister rappresentava, congiuntamente, il potere signorile e la popolazione locale, che      annualmente si riuniva nell’assemblea del villaggio.
  • Altrove troviamo due distinte organizzazioni, compresenti nel medesimo villaggio.

Fondamentale attributo dell’autonomia fu, nel contado, l’esercizio della giurisdizione.

Generalmente i consoli, gli scabini o i giurati furono legittimati a giudicare delle controversie civili sorte tra gli abitanti del villaggio e delle cause penali minori, attribuzioni cui le comunità rurali tenevano moltissimo, come risulta dal contenuto dei privilegi chiesti ed ottenuti un po’ ovunque in Europa.

La giurisdizione di sangue, relativa ai reati maggiori, spettava ai giudici regi.

il conte, o il signore del territorio, o il sovrano attraverso i suoi giudici, o il tribunale della città autonoma mantennero un fermo controllo sulla fascia superiore delle funzioni giurisdizionali.

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