Tra un indirizzo giudicato troppo liberale e uno troppo rigoristico, che rischia di lasciare privo di tutela il creditore contro il rischio della svalutazione, fa opera di difficile mediazione la Cassazione, scendendo sul terreno delle figure sociologicamente più significative di creditori pecuniari. Un indirizzo troppo liberale è quello che non distingue tra categorie di creditori in relazione all’impiego delle somme dovute ma ritiene che, per tutte, la svalutazione abbia un significato presunto di danno. Ma un indirizzo troppo rigoristico sarebbe quello che esigesse dal singolo creditore la prova del danno, concreto ed effettivo, subito a seguito dell’incontro tra il pagamento tardivo e la svalutazione e non potendo valere allo scopo neanche presunzioni fondate su qualità, personali o professionali, del creditore.

Il perpetuarsi dell’indirizzo più rigoroso, anche in epoca in cui la stabilità della moneta è diventata un fatto obsoleto, poteva essere interpretato sia come un “fin de non ricevoir” da parte dei giudici ma anche come frutto della convinzione che, quello, della disciplina dei debiti di denaro, è un terreno troppo scoperto e pericoloso per consentire operazioni di politica del diritto travestite da interpretazioni può o meno evolutive del diritto vigente.

Così come il revirement che ci occupa è dovuto certamente al deliberato proposito di ristabilire una forma di controllo dei giudici su materia i cui termini non potevano essere lasciati allo status quo ante, con il rischio che l’intero problema si sarebbe sottratto ad ogni forma di mediazione. Si è detto del tentativo di individuare figure sociologicamente significative di creditori e rispetto a queste di ritagliare uno spazio per una opera di mediazione giudiziale che abbia una sua credibilità sul terreno operativo.

Si ha fiducia che alla individuazione di tali categoria corrispondano modi di impiego del denaro che siano  coerenti con le rispettive qualità professionali e con bisogni che le personali possibilità finanziarie consentono di soddisfare e con le abitudini derivate dalla mentalità e dell’ambiente di vita. Ma è proprio sullo spazio reale per questa mediazione e nella direzione di una pratica di “case-law” che possono sorgere dubbi, in considerazione dei noti limiti che caratterizzano l’operato dei giudici e massimamente in questa materia.

Resta da chiedersi, specialmente con riferimento ai creditori occasionali, se a prevalere sarà il criterio tipizzato e normale di impiego del denaro ovvero il criterio desunto dal singolo impiego allegato. Si potrebbe obiettare che un quadro di popolato di creditori di somme inaspettate, di creditori occasionali, di modesti consumatori, di creditori di entrate sufficienti e di creditore risparmiatori, non è poi il più coerente con un disegno iniziale volto a delineare una mappa, la più completa possibile, di figure professionali di creditori dalle quali desumere modi coerenti di impiego del denaro.

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