Lo sport è un’attività umana tra le più significative. Considerato nelle sue caratteristiche fondamentali, esso riproduce su un piano simbolico la realtà della vita, che è impegno, sacrificio, lotta, sofferenza, ma anche gioia, speranza, soddisfazione e felicità.

Dalla nascita dello sport moderno a oggi, milioni di ragazzi italiani sono cresciuti e sono diventati adulti e bravi cittadini praticando lo sport.

Se volessimo sintetizzare il ruolo più vero dello sport, diremmo che esso consiste nell’educare al valore della vita attraverso una competizione virtuosa.

Lo sport oggi si interroga su quali debbano essere i suoi principi guida e su come testimoniarli. A che cosa serve lo sport? Anzi, meglio: quale persona vogliamo servire, in questa società moderna?

E nel nostro caso: qual è il ruolo da affidare allo sport all’interno della società italiana?

Una nuova generazione di luoghi educativi: le società sportive e i club con autentiche esperienze di vita; il territorio come elemento di forza; la parrocchia che è ancora avamposto educativo.

Consapevole dell’insufficienza della sola struttura sportiva per la costruzione di un luogo educativo, diventa urgente preparare educatori, sentinelle, antenne, gente pronta a cogliere ogni sfida di novità per investirvi ogni energia. Il segreto per vincere questa gara risiede in cinque azioni fondamentali:

–          Accogliere: come in altri settori della vita, anche nello sport “accogliere” è un’azione contro corrente in un tempo in cui ogni cosa ha valore solo in funzione di un tornaconto; l’accoglienza presuppone la gratuità e rende lo sport un bene accessibile a tutte le persone, anche quelle meno dotati fisicamente. Nella pratica dello sport il corpo parla e attraverso di esso noi esprimiamo ciò che siamo e ciò che pensiamo della vita. Se riduciamo il corpo ad un semplice oggetto da mettere in mostra, anche l’uomo diventa un oggetto; non dobbiamo dimenticare invece che il corpo contiene un’anima, e che l’anima si esprime attraverso il corpo e in particolare attraverso il suo movimento: da qui il grande valore dell’attività ludica motoria e sportiva anche riguardo alla capacità di accogliere l’altro. Da qui l’importanza di una pedagogia affettiva che coltivi i giovani al bene e al rispetto degli altri.

–           Orientare: non consiste semplicemente nel dire a qualcuno cosa deve fare, ma incanalare le energie cognitive, emotive e strategiche dei ragazzi affinché questi costruiscano dei percorsi soddisfacenti per diventare adulti.

–          Allenare: ogni persona possiede una potenzialità che viene sviluppata un po’ alla volta e dalla capacità di perfezionare il proprio agire non in un solo istante, ma con la ripetizione continua dei propri gesti. Occorre allenare i giovani al desiderio, alla fatica(cioè a saper affrontare le difficoltà e a risolverle), alla pazienza e alla perseveranza, ma soprattutto a saper vincere (sapendo gestire il proprio successo e rispettando l’avversario) e a saper perdere (non rimanendo a terra dopo la sconfitta ma risollevandosi e ricominciando con maggior determinazione). Occorre anche allenare i giovani ad avere uno spirito di squadra, inteso come rispetto per il ruolo di ciascuno e la capacità di sacrificare se stessi per gli altri, al fine di rendere i giovani campioni nella vita, confrontandosi costantemente con se stessi e riuscendo in questo modo a dare il meglio di sé.

–          Accompagnare: gli adulti devono preoccuparsi di sostenere e di non tradire giovani, ascoltandoli ed aiutando le ad avere fiducia in se stessi.

–          Dare speranza: la speranza è la “carità educativa” cui faceva riferimento Don Bosco, quella che ci dà la forza per andare avanti quando gli altri si rassegnano e di lottare a testa alta quando sembra che tutto fallisca; che ci aiuta a credere nel bene e ad avere fiducia negli altri.

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