In tutti gli ordinamenti è stabilito che colui che provoca un danno ingiusto deve risarcirlo. Tuttavia questo non vuol dire che il danno sia considerato in concreto risarcibile.

Nell’ordinamento italiano il risarcimento è regolato solo per l’inadempimento delle obbligazioni, poi tale disciplina è richiamata in sede extracontrattuale.

Ciò vuol dire che in sede extracontrattuale un volta che il danno è stato accertato come ingiusto ed è posto a carico di un soggetto, occorrerà poi verificare se quel danno è anche risarcibile e in che misura.

Esamineremo cosa si intende per danno risarcibile:

 

Danno naturale

Secondo una prima teoria il danno è ogni forma di pregiudizio o alterazione in peggio di un bene o di un interesse riferiti ad un determinato soggetto. Trattasi di un concetto di danno in senso materiale o naturalistico dove il fulcro è singolo bene visto nella sua sola dimensione fisica.

Obiezione: ma questo concetto di danno non può essere usato sul terreno del risarcimento perché non tiene conto dei danni ulteriori quali il lucro cessante come è stabilito dall’art.1223 che commisura il risarcimento alla perdita economica o al mancato guadagno.

 

Teoria della differenza

In contrapposizione alla concezione naturale c’è la teoria delle differenza. Alla base di essa vi è un concetto giuridico di patrimonio che è comprensivo di tutto ciò che appartiene al soggetto. Il danno sarà inteso come una perdita patrimonialmente valutabile subita da valori patrimoniali.

Questa perdita sarà costitutiva dalla differenza in cui si trova il complessivo patrimonio del soggetto prima e dopo che il fatto dannoso si è verificato.

Merito di tale tecnica è quello di tener conto di tutte le conseguenze danno che un comportamento provoca e che non si limita alla concezione fisica del bene.

Obiezione: ma questa concezione non è in grado di ricomprendre i danni patrimonialmente non valutabili (come il valore di affezione di una cosa danneggiata) così come i danni arrecati alla singola cosa ma privi di incidenza sulla complessiva condizione patrimoniale del danneggiato.

Danno normativo

E’ necessario quindi individuare un diverso indirizzo. Secondo la teorica del danno normativo il risarcimento va commisurato in relazione non a valutazioni naturalistiche ma principalmente a valutazioni di ordine giuridico, funzionali al regime risarcitorio dell’ordinamento.

Il danno risarcibile sarà quello che lo stesso regime risarcitorio valuta come giuridicamente rilevante ai fini dell’obbligazione di risarcimento. In altre parole, nella ricostruzione del tipo di danno deve aversi necessariamente riguardo alla normativa e ai rimedi previsti dall’ordinamento.

Ad esempio l’obbligazione di risarcimento può non avere la funzione di garantire al danneggiato l’esatta compensazione del danno subito ma bensì una diversa come quella di offrire al danneggiato una soddisfazione (pecuniaria) di carattere morale del proprio interesse offeso.

Va anche precisato che il risarcimento del danno è andato estendendosi anche verso la tutela di danni che si sottraggono alla qualificazione di danno patrimoniale o danno morale. Il recente orientamento ha stabilito che non va solo risarcito il danno morale ma anche il danno alla persona (biologico) che può subire nella propria integrità psico-fisica senza che questo di ordina patrimoniale: il danno sarà valutabile di per sé in quanto arrecato al valore della persone e nelle sue potenzialità psico-fisiche. Anche questa forma di danno sarà risarcibile nonostante debba definirsi non patrimoniale.

In conclusione possiamo dire che il danno risarcibile non si identifica con il danno naturale né all’opposto con la mera differenza che presenta il patrimonio del danneggiato. Un visione moderna il danno risarcibile sarà quello che lo stesso regime risarcitorio valuta come giuridicamente rilevante ai fini dell’obbligazione di risarcimento.

Ciò vuol dire che senza dubbio il risarcimento sarà costituito dal lucro cessante e dal danno emergente come stabilito dall’ordinamento, ma potrà essere costituito anche dal danno non patrimoniale inteso come il danno arrecato ad interessi non patrimoniali del soggetto, come il danno alla persona.

In conclusione tra ipotesi di danno e obbligazione risarcitoria vi sarà stretta convergenza: l’ipotesi di danno si definirà anche in relazione all’obbligazione risarcitoria che ne segue e l’obbligazione risarcitoria sarà funzionale al danno al quale deve porre rimedio.

Conclusione 2: non esiste una nozione di danno risarcibile unitaria in quanto tale nozione sarà in funzione dell’obbligazione di risarcimento che consegue all’illecito.

 

Analizziamo ora le modalità con cui può avere luogo in risarcimento ossia le tecniche con cui si realizza.

Non è detto che il risarcimento debba essere necessarimanete pecuniario e quindi compensare per equivalente. I codici riconoscono anche il risarcimento in natura, a riguardo si parla di reintegrazione in forma specifica(2058): al danneggiato viene offerta la possibilità di ottenere il ripristino del proprio bene o interesse colpito dal fatto dannoso

Es. la riparazione, ad opera del danneggiante della cosa danneggiata; un viaggio sostitutivo di quello venuto meno.

La riparazione del danno in natura, pur avendo nel nostro codice un carattere subordinato rispetto al risarcimento per equivalente, induce a pensare che il danno possa anche non avere quel carattere patrimoniale che è invece necessario per il risarcimento in denaro.

Il danno da risoluzione del contratto – punto c –

E’ noto che gran parte degli ordinamenti consente alla parte non inadempiente a fronte dell’inadempimento dell’altra di agire:

per l’adempimento dell’obbligazione inadempiuta

anche di chiedere la risoluzione del contratto: lo scioglimento del rapporto, consentendo alla parte di liberarsi.

In entrambi i casi è fatto salvo il risarcimento del danno. Le dottrine e la pratica si sono trovate di fronte alla necessità di precisare la natura e l’entità del danno che può essere chiesto in aggiunta alla risoluzione. La dottrina maggioritaria che ritenuto che il danno è assimilabile al danno derivante dall’affidamento che la parte, in buona fede, ha riposto nella validità del contratto. Quindi l’interesse tutelato non sarà quello all’esecuzione del contratto ma alla non conclusione di esse e cioè a non trovarsi in una condizione peggiore rispetto a quella in cui il contraente si sarebbe trovato se non avesse concluso in contratto (interesse negativo).

Tuttavia la giurisprudenza non condivide questo parere in quanto, tale orientamento, assimila il contratto invalido a quello risolto; contratto risolto che è invece un contratto valido ma successivamente sciolto per un fatto d’inadempimento.

La giurisprudenza ritiene invece che il danno risarcibile deve coprire anche l’interesse positivo che avrebbe avuto il contraente all’esecuzione del contratto ma naturalmente diminuito del valore delle controprestazione risparmiata.

La premesse teorica di questo orientamento è che il danno da risoluzione è comunque un danno da inadempimento e la richiesta di risoluzione non vale ad eliminare quell’inadempimento ma solo ad esonerare il contraente risolvente dalla propria prestazione.

A fronte di questo indirizzo vanno fatte delle precisazioni, resta infatti il compito di stabilire il rapporto tra risoluzione e il risarcimento del danno.

Se il risarcimento del danno da inadempimento ha riguardo all’obbligazione inadempiuta e cioè all’aspettativa non realizzata è naturale che il danno da risoluzione non può identificarsi con la stessa aspettativa: non si può attribuire al soggetto che agisce per la risoluzione lo stesso tipo di interesse che è proprio di colui che agisce per l’adempimento.

Con l’azione di adempimento si fa valere l’interesse all’adempimento mentre con la risoluzione l’interesse perseguito è la liberazione del vincolo.

 

Il rapporto va spiegato tenendo conto che con la richiesta di risoluzione il contraente risolvente non solo ottiene la liberazione della propria obbligazione ma implicitamente rinuncia a chiedere l’adempimento dell’altro.

Ciò vuol dire che la prestazione dovuta non potrò essere conteggiata nel risarcimento del danno.

Detto in altre parole, nel risarcimento non sarĂ  conteggiato il danno emergente in quanto coincide con la perdita della prestazione dovuta.

Sarò conteggiato invece il lucro cessante ossia quel maggior guadagno che il contraente non inadempiente avrebbe ottenuto se il contratto fosse stato regolarmente eseguito. Il lucrò cessante non è travolto dall’effetto risolutivo, perché l’effetto risolutivo comporta la liberazione di entrambe le obbligazioni ma non cancella l’inadempimento e quindi il mancato guadagno da esso derivante.

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