La persecuzione dei reati venne interamente rimessa agli organi dello Stato. Ebbe come unico presupposto il personale convincimento del funzionario circa l’esistenza a carico dell’inquisito di elementi sufficienti per trarlo in giudizio.
L’attività dei funzionari imperiali si attivava attraverso l’inquisitio, ovvero mediante la promozione di un mero atto informativo, che si colloca sullo stesso piano ed ha gli stessi effetti di un’informazione di reato da parte degli organi di polizia. Denunciando il delitto e facendo il nome di chi lo ha commesso, l’accusatore esercita un’attività analoga a quella che svolgono gli ufficiali a cui è affidato il compito di portare a conoscenza dell’autorità giudiziaria i fatti che possono interessare la funzione punitiva dello Stato. La sua denuncia è utile ma non indispensabile, assolvendo unicamente l’esigenza di facilitare l’acquisizione della notizia di reato da parte degli organi preposti alla repressione.
L’accusatio, quale mezzo di attuazione dell’interesse pubblico alla repressione della delinquenza, non venne tuttavia lasciata alla totale disponibilità del privato. Le fonti conservano testimonianza di numerosi interventi legislativi diretti a disciplinarne l’esercizio.
A partire da Costantino l’accusatore fu tenuto ad impegnarsi a soggiacere, nel caso di assoluzione dell’accusato, alla stessa pena che si sarebbe dovuta infliggere a quest’ultimo se fosse risultato effettivamente colpevole. La disposizione tendeva a scoraggiare accuse temerarie e ad evitare che l’amministrazione della giustizia potesse essere tratta in inganno o fuorviata da accuse prive di fondamento. Per lo stesso motivo fu tassativamente imposto ai giudici di non dar seguito alle denunce anonime.
Con l’affermarsi del sistema inquisitorio, l’antico principio della pubblicità dei processi subì notevoli restrizioni. Nonostante gli sforzi di alcuni imperatori intesi a riaffermare l’obbligo di giudicare pubblicamente, la pratica delle cognitiones divenne sempre più diffusa. Ciò comportò il definitivo venir meno dei dibattiti fra accusatore e accusato che caratterizzavano il precedente sistema processuale: l’assunzione delle prove era ora devoluta interamente al funzionario, il quale procedeva all’interrogatorio dell’imputato e stabiliva quali testimoni dovevano essere ascoltati.
Importanti innovazioni si ebbero anche in merito alla forma degli atti. Trovò definitiva affermazione l’uso di redigere processi verbali delle dichiarazioni dei testimoni e delle varie attività dibattimentali. Tutto ciò che veniva detto nel corso della causa era registrato stenograficamente dai segretari dell’ufficio e in seguito trascritto in caratteri normali nel protocollo d’udienza, a cui il giudice apponeva la sua sottoscrizione. Il documento era poi depositato nell’archivio del tribunale, ove gli interessati potevano prenderne visione ed eventualmente trarne copia. La redazione scritta della sentenza fu elevata a requisito formale.
Anche se per alcuni reati di minore importanza il giudice fu lasciato libero di fissare la pena secondo un criterio di valutazione personale, nella maggior parte dei casi fu costretto a conformarsi alle pene, fisse e inderogabili, sancite nelle costituzioni imperiali. Il giudice difatti doveva limitarsi ad accertare se l’ipotesi delittuosa si fosse o meno verificata: la pena discendeva direttamente dalla legge.