Le fonti non indicano i comizi dinanzi ai quali si svolgevano i processi popolari nell’età più antica della Repubblica, ma è presumibile che si trattasse dei comitia curiata, ovvero dei comizi dinanzi ai quali:

  • l’antico sovrano amministrava la giustizia
  • aveva luogo l’esecuzione dell’omicida volontario da parte dei familiari dell’ucciso

Sicuramente le curie erano l’assemblea alla quale veniva affidata la giurisdizione criminale, e al cui giudizio la vittima della coercizione magistratuale faceva ricorso con la provocatio ad populum.

Questo stato di cose si modificò verso la metà del V secolo con l’introduzione, ad opera delle 12 tavole, della regola secondo cui quando era in causa il caput del cittadino la decisione doveva essere riservata ai comizi centuriati.

Cicerone nel Pro Sestio ci informa sulle cause che determinarono tale innovazione. La norma aveva il suo precedente storico in una lex sacrata, ossia in una deliberazione giurata della comunità plebea. Ciò induce a ritenere che anteriormente alle 12 tavole i processi capitali fossero impiegati come arma politica del patriziato e che la plebe si battesse per il loro trasferimento dall’assemblea per curie, dove i patrizi dominavano a causa dei suffragia clientum, all’assemblea per centurie.

La persecuzione criminale plebea è un’imitazione di quella esercitata dagli organi della civitas. Come il magistrato ha in la potestà di coercizione derivante dall’imperium, il tribuno ha la summa coercendi potestas garantita dall’inviolabilità attribuitagli dalle leggi sacrate.

Chiunque gli rechi offesa è considerato sacer e può essere liberamente ucciso, nonché privato di tutti i suoi beni a favore delle divinità della plebe. Contro tale coercizione la provocatio non è sperimentabile in quanto il tribuno gode di un potere del quale non godono neppure i magistrati patrizi.

Il diritto di coercizione è integrato dal diritto di processare. La plebe si costituisce a sua volta in collegio giudicante, sotto la presidenza di un tributo o di un edile, arrogandosi il potere di infliggere multe e addirittura di emettere condanne a morte contro ogni patrizio che si renda responsabile di atti pregiudizievoli agli interessi della comunità plebea.

Di fronte a tale pressione la classe patrizia fu costretta a fare delle concessioni. Un primo successo venne ottenuto dei plebei con le seguenti leggi:

  1. legge Artenia Tarpeia del 454 a.C.
  2. legge Menenia Sestia  del 452 a.C.

Queste due leggi restrinsero ulteriormente il campo della potestà coercitiva dei magistrati, fissando in 30 buoi e 2 pecore (corrispondenti a 3020 assi) il limite massimo delle multe che essi potevano imporre di propria autorità, oltre il quale era accordato il diritto di provocare ad populum.

La più importante vittoria venne conseguita nel 450 a.C. quando le XII tavole sancirono che l’unica sede competente a pronunciare la condanna a morte di un cittadino era l’assemblea delle centurie.

I patrizi ottennero l’inserimento nel codice del divieto di mettere a morte una persona che non fosse stata regolarmente condannata: ciò comportava l’abolizione dei processi capitali rivoluzionari condotti dei tribuni dinanzi ai concilia plebis.

Anche la sacertà, in conseguenza del nuovo regime, poteva essere irrogata solo dai comizi del popolo, dopo che un regolare processo avesse accertato la responsabilità del reo.

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