La legge indica col termine tecnico “difetto di giurisdizione” la situazione in cui si trova il giudice ordinario in conseguenza delle limitazioni poste al suo potere nelle ipotesi previste dal 37 (Difetto di giurisdizione), e cioè:
a. nei confronti di soggetto con domicilio all’estero;
- nei confronti della p.a. (quando è dotata di potere discrezionale assoluto);
- con riguardo alle giurisdizioni speciali.
Quando una causa è pendente davanti ad un organo giurisdizionale ordinario (o speciale), la questione di giurisdizione può essere rilevata d’ufficio dal giudice in qualunque stato e grado del processo (37).
Fa eccezione a questa regola il caso del difetto di giurisdizione nei confronti di persona con domicilio all’estero, perché questa limitazione alla giurisdizione viene meno se il convenuto accetta la giurisdizione italiana e un modo di accettarla tacitamente è quello che consiste appunto nel non rilevare il difetto di giurisdizione del giudice italiano. Perciò se il convenuto è costituito in giudizio il difetto di giurisdizione può essere soltanto rilevato da lui stesso, purché non abbia già accettato in un momento anteriore, espressamente o tacitamente, la giurisdizione italiana. Si ritorna tuttavia alla regola del rilievo d’ufficio nelle cause che hanno per oggetto beni immobili situati all’estero (per le quali l’accettazione eventuale della giurisdizione italiana è irrilevante).
Non rientra nel difetto di giurisdizione, quale risulta definito dal 37, il vizio della sentenza derivante da irregolare costituzione del collegio giudicante, vizio che la legge qualifica invece come nullità insanabile dell’atto (158: Nullità derivante dalla costituzione del giudice).
Le sentenze dei giudici, tanto ordinari quanto speciali, sono soggette al controllo della Corte di cassazione per le questioni attinenti alla giurisdizione (111 Cost.; 360 [Sentenze impugnabili e motivi di ricorso], n. 1 e 362 [Altri casi di ricorso] c.p.c.), sulle quali pronuncia a sezioni unite (374).