L’art 111 c.p.c. disciplina la successione a titolo particolare nel diritto controverso stabilendo che se nel corso del processo si trasferisce il diritto controverso per atto tra vivi a titolo particolare il processo prosegue tra le parti originarie. Se il trasferimento a titolo particolare avviene a causa di morte (legato) il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto. In ogni caso il successore a titolo particolare può intervenire o essere chiamato nel processo e se le altre parti vi consentono l’alienante o il successore a titolo universale può essere estromesso dal processo.

La sentenza pronunciata contro quest’ultimi spiega sempre i suoi effetti anche contro il successore a titolo particolare ed è impugnabile anche da lui salvo le norme sull’acquisto in buana fede dei mobili e sulla trascrizione. Come è noto la ratio di questa disposizione si ricollega all’esigenza Chiovendiana di evitare che la durata del processo danneggi la parte che ha ragione.

La norma dell’art. 111 c.p.c. deve essere coordinata con la disciplina dettata dalla legge sostanziale sui conflitti. Vi sono infatti dei casi in cui la posizione del titolare del diritto riconosciuta in giudizio è comunque prevalente su quella del suo avversario processuale e del terzo che eventualmente gli succeda sia anteriormente alla proposizione della domanda giudiziale sia pendente lite. Si pensi ad es. alle situazioni tutelate con azioni di natura reale (rivendicazione) o con azioni cui l’ordinamento riconosce efficacia retroattiva reale. In questi casi è ovvio che avendo la legge sostanziale già risolto il conflitto l’art 111 c.p.c. serve solo ad escludere che la parte vittoriosa debba nuovamente rivolgersi al giudice per far valere il suo diritto nei confronti del terzo che abbia acquistato pendente lite.

Se invece la legge sostanziale non prevede alcun criterio risolutore nel caso in cui il terzo acquisti dopo la proposizione della domanda giudiziale e prima del passaggio in giudicato della sentenza l’art 111 c.p.c. emerge in tutta la sua importanza perché equipara il terzo che acquisti pendente lite alla parte originaria a cui succede estendendogli l’efficacia della sentenza pronunciata tra le parti originarie.

In altri termini il legislatore ha ritenuto che l’atto di disposizione compiuto pendente lite pur essendo idoneo a produrre effetti sul piano sostanziale non incide sullo svolgimento del processo in corso per cui il giudice dovrà decidere del diritto controverso come se questo fosse ancora della parte originaria a cui il terzo è succeduto anche se per un meccanismo processuale la decisione produrrà effetti anche nei confronti del successore (cosiddetta Teoria della irrilevanza della successione).

Da quanto esposto deve escludersi che nel nostro ordinamento possa essere accolta la cosiddetta Teoria della rilevanza della successione secondo la quale il diritto del successore diviene oggetto del processo solo se vi sia stato un mutamento della domanda e cioè solo se la parte originaria abbia chiesto un provvedimento a favore o contro il successore e non più per se o contro il convenuto originario. Dalla teoria della irrilevanza della successione derivano le seguenti conseguenze:

1) il dante causa del terzo sta nel processo in base alla sua legittimazione originaria (non è quindi un vero sostituto processuale)

2) il dante causa può proporre tutte le eccezioni personali proprie che non siano venute meno a causa della successione

3) le eccezioni opponibili al successore possono essere fatte valere solo dopo averlo chiamato in causa

4) la sentenza spiega i suoi effetti compreso quello esecutivo contro il successore anche se la parte non ne abbia fatto al riguardo esplicita richiesta

Occorre rilevare che secondo la dottrina prevalente di successione a titolo particolare nel diritto controverso si parla solo in due casi e cioè:

1) quando venga trasferita la stessa posizione che forma oggetto di controversia ad es. Tizio rivendica la proprietà del bene X nei confronti di Caio e questi trasferisce il bene pendente lite a Sempronio

2) quando il processo abbia ad oggetto la pronuncia di nullità, annullamento, risoluzione, rescissione, etc. etc. di un negozio con cui si sia trasferito il diritto di proprietà su di un bene e nel corso del processo il bene venga trasferito ad un terzo ad es. Tizio chiede che sia dichiarata la nullità del contratto con cui ha trasferito il bene X a Caio e questi trasferisce il bene pendente lite a Sempronio

Come è facile intuire tra le due ipotesi vi è una sostanziale differenza dato che mentre nel primo caso la parte originaria resta in giudizio per un diritto che non è più suo nel secondo caso la parte originaria resta in giudizio per difendere una posizione contrattuale che rimane sua anche se il diritto a cui andava riferita è stato trasferito ad un altro soggetto. Secondo questa impostazione in questo seconda ipotesi non si ha una vera e propria successione nel diritto controverso per cui l’efficacia della sentenza nei confronti del terzo non è diretta come nel primo caso bensì riflessa.

Coerentemente a tale impostazione alcuni autori ritengono che non ogni effetto della sentenza ricada sul terzo (in particolare si ritengono esclusi gli effetti esecutivi) e che la salvezza prevista dall’ultimo comma dell’art 111 c.p.c. riguardi solo le ipotesi in cui vi sia la trasmissione in senso proprio del diritto controverso. La giurisprudenza propende invece per una interpretazione più ampia dell’art. 111 c.p.c. dato che secondo essa:

1) l’efficacia della sentenza nei confronti del successore riguarda tutti gli effetti e quindi anche quelli esecutivi

2) la salvezza prevista riguarda tutte le norme sulla trascrizione eccezion fatta per il n. 7 dell’art. 2652 c.c.

3) la sentenza sarà sempre opponibile al terzo che abbia acquistato pendente lite salvo il meccanismo dell’usucapione abbreviato per i beni mobili e il mancato concorso delle condizione previste dalle norme sulla trascrizione per ciò che concerne gli immobili

Per quanto riguarda la posizione processuale dell’alienante va precisato che:

1) se la successione non è allegata e/o provata il processo prosegue regolarmente tra le parti originarie e il dante causa del terzo può compire qualsiasi atto a rilevanza processuale e processuale/sostanziale (ad es. rinuncia, confessione, giuramento). E’ tuttavia possibile che il successore al quale si estendono gli effetti della sentenza proponga impugnazione affermando che gli effetti della confessione o del deferimento del giuramento non possono essergli imputati

2) se la successione è allegata e provata ma il terzo non è chiamato in causa o non interviene nel processo la parte originaria può compiere ogni atto a rilevanza processuale ma non anche atti che importino disposizione del diritto controverso come ad es. la confessione e il deferimento del giuramento

3) se il terzo partecipa al processo si ha una situazione analoga a quella del litisconsorzio necessario per cui la rinuncia dovrà essere a seconda dei casi proposta o accettata sia dal dante causa che dal suo successore, il giuramento dovrà essere deferito da entrambi. La confessione o il giuramento reso da uno solo dei due sarà liberamente valutata dal giudice

Occorre rilevare che quando vi sia la partecipazione del terzo al processo si potrà far luogo all’estromissione del dante causa solo se le altre parti siano espressamente d’accordo e la sentenza non debba provvedere nel merito anche nei suoi confronti. Di solito l’estromissione non sarà consentita quando vi sia il timore che il successore non possa garantire il pagamento delle spese processuali cui fosse condannato dato che a seguito dell’estromissione il dante causa perde lo status di parte ed è completamente sostituito dal successore subentrante.

Per concludere va chiarito che l’art 111 c.p.c. nel prevedere che in caso di successione a titolo particolare a causa di morte il processo è proseguito dal successore universale o in suo confronto deroga alla disciplina sostanziale secondo la quale la proprietà della cosa legata si trasmette al legatario al momento della morte del de cuius senza bisogno di accettazione da parte sua. Poiché invece l’erede acquista l’eredità solo in seguito all’accettazione può accadere che questi pur non avendo ancora accettato debba stare in giudizio per il legatario che è già titolare del bene legato.

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