Siccome il legislatore non da una nozione di comitato, ma si limita a prevedere solo qualche fattispecie, esso è stato definito empiricamente come un collegio promotore costituito da un gruppo di persone che, per raggiungere lo scopo, promuovono iniziative cercando contributi per mezzo di pubbliche sottoscrizioni o inviti ad offrire.

Lo scopo del comitato è di interesse pubblico, mentre la sua natura è privatistica (e rimane tale anche quando tra i promotori vi sia un ente pubblico). Il comitato non si caratterizza per il modo di formazione del patrimonio, che avviene per pubblica sottoscrizione, poiché i finanziamenti esterni non contraddistinguono solo il comitato; ma essenzialmente perché alcuni soggetti (promotori) danno vita ad un contratto ed esercitano un’attività di raccolta fondi per la realizzazione di uno scopo.

I promotori sono assimilabili al fondatore, perché al pari di quest’ultimo destinano determinati beni ad uno scopo. La atto con cui i sottoscrittori trasferiscono i beni al comitato (oblazione) costituisce una libertà non donativa, che si distingue dalla donazione in quanto non è preordinata solo all’attribuzione di un bene ma anche alla sua destinazione ad un fine preciso. Ai sensi dell’ art. 40, gli organizzatori (assimilabili agli amministratori dell’ente) e coloro che assumono la gestione dei fondi raccolti sono responsabili personalmente solidalmente della destinazione dei fondi allo scopo annunciato al pubblico dei sottoscrittori.

La destinazione dei fondi alla realizzazione dello scopo dà luogo ad un vincolo fiduciario, per cui un soggetto ( fiduciante) attribuisce ad un altro soggetto (fiduciario) un bene, imponendogli di farne un uso determinato. Una volta effettuata l’oblazione, gli oblatori perdono ogni controllo sul bene. Legittimato al controllo e alla vigilanza, e ad esercitare l’azione di responsabilità è l’autorità governativa. Anche al comitato il legislatore consente l’acquisto della personalità giuridica ex art. 1 dpr 361/00.

L’orientamento tradizionale pone il comitato sullo stesso piano delle fondazioni. Altra opinione, invece, individua nel comitato una duplice struttura a seconda delle fasi della sua attività: nella prima fase di raccolta dei fondi assume la veste di un’associazione tra i promotori; nella seconda fase acquista i caratteri di una fondazione, in quanto il patrimonio viene amministrato da soggetti distinti dai promotori (cioè dagli organizzatori e dai gestori dei fondi raccolti).

Altro orientamento, infine, sulla base dell’aspetto soggettivo del fenomeno riconosce il comitato nell’ambito delle associazioni, osservando che esso si fonda su un contratto associativo e non su un atto unilaterale. La corte di cassazione ha stabilito che i comitati sono enti non riconosciuti, nonché autonomi centri di imputazione distinti dal substrato personale di cui sono composti. Stante l’identità tra l’associazione non riconosciuta ed il comitato che non abbia conseguito il riconoscimento, la capacità di acquisto per atto tra vivi avviene senza necessità di autorizzazione.

In quanto soggetto di diritti, il comitato opera attraverso i suoi organi, a cui è collegato non da un mandato con rappresentanza, ma in forza di un rapporto di rappresentanza organica.

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