Gli enti non-profit hanno assunto una incidenza determinante nel settore della conservazione e valorizzazione dei beni e delle attività culturali ( artt. 115 e 117 del codice dei beni culturali), nell’ambito di una generale ridiscussione dei ruoli e delle complementarietà fra settore proprio quel privato. A tal fine il legislatore ha valorizzato in alcuni settori l’attività imprenditoriale degli enti lirici e delle fondazioni bancarie, a cui possono essere affidati in concessione numerosi servizi riguardanti i musei, scavi archeologici, archivi di Stato e biblioteche.

Alcuni statuti delle fondazioni sembrano in parte recepire queste indicazioni, prevedendo la possibilità di gestire anche in collaborazione con soggetti pubblici, beni culturali, storici ed archivistici. Infatti, nella disciplina vigente è prevista espressamente la possibilità che il ministero, le regioni ed altri enti pubblici territoriali stipulino accordi con soggetti pubblici e privati, al fine di promuovere e sviluppare la fruizione dei beni culturali attraverso forme di sussidiarietà orizzontale.

Nell’ambito di tali modelli il ministero ha privilegiato la forma della fondazione di partecipazione, che consente di associare più fondatori per la gestione di un patrimonio, e di soddisfare uno scopo di pubblica utilità che non è cristallizzato nella volontà del fondatore, ma è continuamente aggiornabile in relazione a ciò che richiede la valorizzazione del patrimonio, secondo la volontà dell’organo che lo amministra.

Anche se la dottrina mostra delle perplessità in relazione a tali organismi per queste modalità di “contaminazione” tra forme associative e fondazioni, non si può non prendere atto che il mondo del non-profit è destinato ad assumere, in questa nuova sistemazione dei rapporti pubblici e privati, sicuramente una funzione determinante.

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