Evoluzione storica dei rapporti tra Stato e Regione in ordine alla Programmazione
La svolta fondamentale fu caratterizzata da un dpr del 1977 che disciplinò il trasferimento e le deleghe delle funzioni amministrative nell’ambito delle materie ex art.117 Cost, con lo Stato che svolgeva una funzione di indirizzo e coordinamento (raccordo tra le programmazioni) e le Regioni e gli enti locali avevano una competenza esclusiva. Era necessario il concorso – collaborazione tra Stato e Regioni nell’interesse nazionale coordinando le due programmazioni e l’organo a cui fu demandato tale compito fu la Commissione interregionale per la programmazione economica.
La prima fase della programmazione regionale fu costituita dalla necessità di superare i Crpe con l’affermazione di una programmazione per progetti. La seconda fase fu invece costituita dalla programmazione in concorso, con i piani condeterminati, senza conflitto con le comunità e basati sul principio di elasticità .
Il principio di bilancio pluriennale
Strumento di raccordo tra programmazione e bilancio era il Programma Regionale di Sviluppo, documento di programmazione economica di medio periodo in cui erano determinati gli obiettivi da realizzare al fine di un ordinato sviluppo economico e sociale tenuto conto delle previsioni dei programmi nazionali. La sua durata non doveva essere superiore ai 5 anni, ma era previsto in alcuni casi un aggiornamento annuale. Tuttavia bisogna sottolineare una grande contraddizione che si venne a creare tra l’impostazione della legge sulla contabilità delle Regioni (sistema di programmazione “dal basso”) e quella sulla contabilità dello Stato (programmazione “dall’alto”).
La programmazione “per progetti”. La legge 181/1982. I finanziamenti CEE
La programmazione “per progetti” è caratterizzata innanzitutto dalla valutazione tecnico-economica degli interventi da realizzare, con la necessità che il bilancio diventi in modo esplicito uno strumento di programmazione dell’economia. Nel 1978 fu emanata una legge con la quale la spesa pubblica non fu più intesa come variabile indipendente dell’economia e che l’intervento pubblico doveva seguire un’ottica pluriennale, con la quantificazione degli obiettivi da perseguire.
Nel 1982 fu istituito il FIO (Fondo investimenti ed occupazione) ed il Nucleo di valutazione degli investimenti per finanziare progetti presentati dalle Amministrazioni centrali e regionali sulla base di criteri restrittivi (effettiva realizzabilità , efficacia dell’intervento). Si sviluppò poi il sistema di finanziamento da parte della Comunità Europea, specie con la creazione del FERS (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale) che prevedeva finanziamenti a certe condizioni, e cioè che i Programmi Regionali di Sviluppo contenessero un’analisi economica, la scelta degli obiettivi, l’indicazione delle azioni per raggiungerli, la previsione delle risorse per la realizzazione e l’individuazione dei soggetti responsabili dell’esecuzione. Con un Regolamento base del 1988 si apportarono tre grandi innovazioni: la programmazione come unico mezzo per realizzare gli obiettivi selezionati, la necessità della partnership e la complementarietà dell’azione comunitaria rispetto alle azioni nazionali. Gli obiettivi fondamentali erano lo sviluppo delle regioni in ritardo, la riconversione delle regioni colpite da declino industriale, lotta contro la disoccupazione, l’inserimento professionale dei giovani e l’adeguamento delle strutture agrarie e lo sviluppo delle zone rurali.
Gli accordi di programma
La legge 241/90 ha introdotto la possibilità , per l’Amministrazione procedente, di concludere accordi con gli interessati, applicandosi ad essi i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Esempio più chiaro di tale sistema è sicuramente costituito dagli Accordi di Programma, introdotti per assicurare la partecipazione di Enti, specie Regioni, e altre amministrazioni pubbliche al procedimento di formazione di un atto programmatico generale. In linea generale a tali accordi partecipano solo soggetti pubblici, tuttavia specie nella legislazione regionale è consentita la partecipazione di soggetti privati, sulla base del principio della sovranità popolare e del fatto che essi possono essere potenziali o parziali destinatari degli effetti materiali dell’accordo di programma.
La normativa contenuta nella Costituzione: l’art.119
Tale articolo, precisando che le Regioni, i Comuni e le Province hanno risorse autonome, fissa come principi fondamentali sia il fatto che la finanza regionale deve essere raccordata come quella statale, sia che le entrate regionali devono essere costituite da tributi propri e quote di tributi erariali, sia che vi sono dei contributi specifici e delle risorse aggiuntive da destinare ad alcuni Comuni, Province e Regioni. La legge 158/90 intervenne in tale sistema ampliando l’autonomia tributaria e riordinando la materia dei trasferimenti statali, con la previsione di contributi speciali e il ricordo all’indebitamento nei limiti delle leggi vigenti. I principali canali di finanziamento delle attività regionali sono attualmente il fondo comune (per le spese correnti) ed il fondo di sviluppo (per le spese in conto capitale). La legge 421/93 invece invertì il rapporto finanziario tra Stato e Regioni con la delega al Governo per la realizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità , pubblico impiego, previdenza e finanza territoriale. Il Governo avrebbe fissato gli indirizzi e le linee di dettaglio per ciascun ambito, con la previsione sia di trasferimento di potestà impositiva, sia di compartecipazione ai tributi erariali. Venne quindi a rafforzarsi l’ambito di autonomia regionale.