L’ art. 39 cost afferma che l’organizzazione sindacale e libera. Tale libertà è più ampia rispetto a quella tutelata dall’ art. 18 cost, limitata alla tutela dei soli rapporti associativi. Infatti l’uso del termine “organizzazione” in luogo di “associazione”, consente una lettura più ampia del fenomeno sindacale, con la possibilità di farvi rientrare anche le aggregazioni di lavoratori che non abbiano struttura associativa e quelle spontanee che non abbiano carattere permanente. In questo caso vi è la tutela della costituzione, poiché lo stesso principio di libertà sindacale e consente a ciascun sindacato di adottare l’organizzazione interna ritenuta più utile per il raggiungimento dei propri scopi.
La tutela della libertà di organizzazione sindacale può essere intesa in vario senso. In primo luogo come libertà nei confronti dello Stato di costituire un sindacato, come manifestazione e specificazione della libertà di associazione garantita dall’articolo 18 cost.pertanto la libertà sindacale e inquadrata tra le “libertà civili”, nel senso che i soggetti che ne sono titolari godono di una sfera di autonomia che consente l’autoregolamentazione dei propri interessi, sebbene entro i limiti imposti dall’ordinamento giuridico.
La libertà sindacale può essere intesa anche come libertà politica, cioè come diritto a partecipare attivamente alla organizzazione dello Stato.
In secondo luogo la libertà sindacale va intesa come libertà positiva di aderire o libertà negativa di non aderire a un sindacato, proprio perché l’iscrizione ai sindacati è libera. Sono pertanto illecite eventuali ipotesi di iscrizione obbligatoria, come nei casi di closed shop (obbligo per l’imprenditore di assumere solo lavoratori iscritti al sindacato) e union shop (obbligo per il lavoratore assunto di iscriversi a un sindacato). Corollario di questo principio è il divieto di qualsiasi tipo di discriminazione del lavoratore basata sulla sua adesione o meno ad un sindacato. L’ art. 15 della legge 300/70 vieta tali atti discriminatori da parte del datore di lavoro, non tipizzando le ipotesi di discriminazione, ma utilizzando la formula “recargli altrimenti pregiudizio”, al fine di permettere la condanna di qualsiasi attività discriminatoria.
In terzo luogo la libertà sindacale va intesa come libertà di svolgere attività sindacale anche attraverso la stipulazione dei contratti collettivi. Oggi l’ambito dell’attività sindacale si è ampliato fino a ricomprendere anche attività di collaborazione nell’adozione di scelte politico-economiche, attraverso la partecipazione del sindacato alla funzione pubblica. Infatti la legge configura una partecipazione diretta dei sindacati alla dinamica delle istituzioni pubbliche, attraverso processi di partecipazione alla formazione delle leggi e delle decisioni riguardanti le politiche sociali. L’attività sindacale e tutelata anche all’interno dei luoghi di lavoro; infatti l’art. 14 della legge 300/70, prevede il diritto di svolgere attività sindacale nel corso dello svolgimento delle attività lavorative, fatto salvo il normale corso dell’attività aziendale. La garanzia della libertà sindacale all’interno dei luoghi di lavoro è particolarmente importante, in quanto confinare tale attività al di fuori dell’impresa significherebbe privarla della sua incisività.
Ai sensi dell’ art. 16 sono vietati i trattamenti economici di maggior favore a carattere discriminatorio, come nell’ipotesi in cui il datore di lavoro conceda un premio al lavoratore che non abbia diritto allo sciopero, anche quando questi non consistano nell’elargizione di una somma di denaro, ma di qualsiasi altro beneficio (ad esempio un periodo di ferie più lungo). La sanzione prevista per questi tipi di discriminazione e la condanna al pagamento in favore del fondo pensione per i lavoratori dipendenti, di una somma pari all’importo dei trattamenti economici di maggior favore.
L’ art. 17 vieta la costituzione dei sindacati di comodo, ossia i sindacati dei lavoratori costituiti o sostenuti dal datore di lavoro. La ratio di tale norma risiede nel fatto che il datore potrebbe influenzare la dialettica sindacale. In questi casi è illegittima l’attività di creazione del sindacato, ma non l’associazione sindacale in sé. Di conseguenza, in caso di violazione dell’articolo 17, il giudice dovrà intimare al datore di interrompere l’attività di sostegno al sindacato, ma non potrà ordinare lo scioglimento dell’associazione sindacale.