L’interpretazione del contratto collettivo di diritto comune
Per quanto concerne l’interpretazione del contratto collettivo, si ritiene che si voglia dare rilievo al comportamento comune dei contraenti, al fine di attenersi oltre che alle disposizioni e al loro senso comune, ma anche all’insieme delle dichiarazioni o clausole intese come elementi di un tutto. Questo senso ha impedito l’analogia esterna, cioè il ricorso a norme di legge, mentre resta usata quella interna.
La contrattazione collettiva nel pubblico impiego
Differente è la situazione nel pubblico impiego; qui il processo di privatizzazione ha condotto non pochi cambiamenti. Il d.lgs. 165/2001 ha introdotto una particolare disciplina contrattuale per il pubblico impiego, che lo distingue dal settore privato.
Innanzitutto essi sono contratti nominati e non di diritto comune, perché la legge regola le parti contraenti. Si discute a proposito della natura di tali contratti, perché alcuni li ritengono delle fonti normative, mentre altri li considerano fonti di regolazione negoziata, anche perché in grado di rinnovare regolamenti e le stesse leggi in materia. LA derogabilità non risolve il problema, perché, per quanto riguarda le leggi passate, si entra nell’ambito della normale delegificazione, mentre per quelle successive si hanno profili di dubbia costituzionalità.
Le norme dei contratti collettivi del pubblico impiego si applicano a precisi soggetti definiti dal decreto e a particolari materie.
E’ stata istituita l’ARAN (Agenzia per la Rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni) con il compito di assistere le pubbliche amministrazioni nella stipulazione dei contratti collettivi. Il comitato direttivo è nominato dal presidente del consiglio, fra membri di varie organizzazioni, per assicurare la partecipazione anche dello stato.
Possono essere stipulati dei contratti collettivi quadro per disciplinare settori comuni a diversi comparti, inoltre le pubbliche amministrazioni possono autonomamente agire per alcuni settori. Anche la selezione della controparte viene fatta dall’ ARAN, fra i sindacati che abbiano una rappresentatività del 5% minimo.
La definizione di criteri precisi per riconoscere la rappresentatività è funzionale ad alcuni obiettivi: infatti essi definiscono anche la legittimazione a contrarre attribuita dalla base votante, ed inoltre ciò garantisce pure l’efficacia del contratto collettivo.
Comunque l’operatività del contratto collettivo deriva sia dal principio maggioritario che dal riferimento, da parte dei contratti individuali, ai contratti collettivi stessi. Ciò non esclude tuttavia che i contratti individuali possano contenere istanze migliorative rispetto a quelle del contratto collettivo.
Una volta raggiunta l’ipotesi di accordo, l’Aran dovrà sentire il comitato di settore sul testo e su eventuali oneri economici, trasmettendo poi la quantificazione dei conti alla Corte dei Conti, adeguandosi al suo parere.
In quest’ambito si richiede dal decreto l’interpretazione autentica, per cui anche essa dovrà essere trattata tra le parti.
A livello di processo, qualora sia necessario risolvere una controversia individuale di efficacia, validità o interpretazione di una clausola collettiva, il giudice dovrà sospendere fissando un termine minimo di 120 giorni. L’ARAN convocherà le parti e il giudizio avrà efficacia erga omnes. Se invece manca l’accordo, il giudizio sarà ricorribile in cassazione.