La libertà sindacale come diritto pubblico subiettivo
La libertà sindacale si profila anzitutto come un diritto pubblico subiettivo, che comporta l’esclusione di ogni ingerenza da parte del potere esecutivo; le limitazioni alla libertà sindacale possono provenire soltanto dalla legge, in forza della riserva che si desume dall’ art. 39 cost.. Si tratta non soltanto di riserva assoluta, nel senso che il legislatore non può delegare ad una norma secondaria il completamento della disciplina, ma anche di una riserva rafforzata, nel senso che l’unico limite che la legge può imporre alla libertà di organizzazione sindacale è quello dell’ordinamento interno a base democratica.
La pluralità sindacale
La libertà sindacale individuale consiste nella libertà dei singoli di aderire alle associazioni, o organizzazioni, sindacali già costituite, o anche di costituirne di nuove. Da tale principio della libertà sindacale si desume il corollario della pluralità sindacale, che può essere vista sotto profili diversi tra i quali si segnalano soprattutto quello della categoria e quello ideologico.
Profilo della categoria e profilo ideologico
Per quanto riguarda il primo profilo può osservarsi che i lavoratori potrebbero organizzarsi con riferimento ad un’aggregazione d’interessi basata sul mestiere da loro svolto oppure sulla natura dell’attività esercitata dell’imprenditore.
Il secondo profilo è quello ideologico, nel senso che i lavoratori che svolgono uno stesso mestiere o che appartengono ad una stessa categoria possono costituire associazioni o organizzazioni sindacali diversamente orientate ideologicamente (marxismo, dottrina cristiano-sociale, laicismo, ecc.).
La libertà negativa
La libertà sindacale a livello individuale è non soltanto libertà positiva, di aderire alle associazioni costituite o di costituirne di nuove, ma anche libertà negativa di non aderire ad alcuna associazione o organizzazione sindacale. Si dice che la libertà negativa, che è tutelata anche penalmente (art. 15 co. 1 e 38), è una libertà senza poteri in quanto il lavoratore non eserciterebbe i poteri ed i diritti sindacali; ciò è soltanto parzialmente vero in quanto i diritti sindacali riconosciuti dallo statuto dei lavoratori possono essere esercitati anche dai lavoratori non iscritti ad alcuna associazione sindacale.
La libertà collettiva
La libertà sindacale, oltre che individuale, si configura come collettiva, ossia la libertà degli organi del sindacato di determinare le modalità organizzative del gruppo, sia o meno associativo. Tale libertà, tuttavia, non è soltanto collettiva, ma anche individuale, in quanto i singoli aderenti all’associazione o all’organizzazione partecipano alla formazione degli organi, cui poi vengono conferiti i poteri collettivi.
Libertà sindacale come diritto sociale e come diritto politico
La libertà sindacale è anche un diritto sociale, in quanto l’organizzazione sindacale è uno strumento di effettività dell’autotutela dei lavoratori.
Essa è anche una libertà politica, in quanto i lavoratori, attraverso i sindacati, partecipano alla determinazione delle linee di politica economica e sociale del paese, come anche alle decisioni di politica generale.