La causa del contratto: la collaborazione e la sua relazione di scambio con la retribuzione
Da un punto di vista generale la causa è un elemento essenziale del contratto che, richiesto a pena di nullità, ne individua la funzione economica, quindi l’interesse meritevole di tutela.
Nel contratto di lavoro subordinato è lo scambio tra le obbligazioni, rispettivamente del prestatore e del datore (collaborazione e retribuzione). La subordinazione, invece, può essere definita come l’effetto giuridico del contratto e si identifica come il contenuto del vincolo obbligatorio.
L’elemento oggettivo è rappresentato, quindi, non dalla subordinazione, ma dalla collaborazione perché è la collaborazione che si identifica con lo scopo. Collaborazione del creditore (datore di lavoro) affinché il lavoratore possa adempiere alla sua obbligazione, collaborazione del debitore (lavoratore) per indicare il suo obbligo di conformare l’esecuzione della prestazione alle esigenze dell’organizzazione produttiva.
La continuità o disponibilità nel tempo della prestazione di lavoro come aspetto essenziale della collaborazione
La subordinazione, finalizzata al risultato della collaborazione, può essere identificata con l’inserzione del prestatore di lavoro nell’organizzazione dell’impresa, e, in definitiva, con la continuità o disponibilità nel tempo della prestazione del lavoro.
In effetti, la continuità caratterizza l’attività promessa dal lavoratore in relazione allo scambio tra retribuzione e disponibilità della prestazione nel tempo ed allo stesso tempo caratterizza la prestazione anche in relazione alla collaborazione e quindi all’organizzazione del lavoro e all’adempimento dell’obbligazione. E’ bene precisare che la disponibilità non deve essere intesa in senso materiale, bensì ideale, come dipendenza funzionale del prestatore all’impresa altrui.
E’ da questa disponibilità che nasce la responsabilità oggettiva (senza colpa) del datore di lavoro per danni provocati a terzi dal lavoratore, nell’esecuzione della sua prestazione.
Collaborazione e subordinazione nella giurisprudenza
Secondo la giurisprudenza la subordinazione si concretizza nell’eterodirezione, cioè nella sottoposizione del lavoratore al potere di direzione del datore di lavoro.
Come elementi costitutivi della fattispecie tipica del rapporto di lavoro subordinato la giurisprudenza è solita indicare 4 requisiti:
onerosità
collaborazione
continuità
subordinazione
Aggiunge altresì alcuni elementi non esplicitati dal legislatore per l’individuazione in concreto della natura subordinata del rapporto:
l’oggetto (identificato non con il risultato ma con le energie messe a disposizione del datore di lavoro)
la collaborazione (stavolta intesa come inserimento nell’impresa)
la continuità ideale, cioè la durata nel tempo del vincolo di disponibilità funzionale del lavoratore nell’impresa (che specifica meglio il requisito della continuità)
l’incidenza del rischio sul datore di lavoro
Tutti questi criteri non sono ancora, tuttavia, sufficienti e vengono integrati da una molteplicità di criteri o c.d. indici empirici: si tratta di criteri indiziari da analizzare nelle singole fattispecie, cioè di caso in caso.
Secondo la giurisprudenza più recente della Corte di Cassazione, ai fini della distinzione fra lavoro subordinato e quello autonomo, rimane fondamentale l’assoggettamento del lavoratore subordinato al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro, che si estrinseca nell’emanazione di ordini specifici, nell’esercizio di una assidua attività di vigilanza e controllo sull’esecuzione della prestazione, risultato dello specifico incarico conferito al lavoratore.
Inoltre la Cassazione sottolinea come determinante sia il porre a disposizione del datore di lavoro le proprie energie lavorative ed impiegarle con diligenza, fedeltà e continuità.
La tesi della subordinazione come situazione di soggezione socio-economica: critica
Non si può condividere l’indirizzo dottrinale che configura la subordinazione non come vincolo nascente da contratto, ma come presupposto economico-sociale, derivante dalla situazione di debolezza contrattuale del lavoratore, che ha necessità di lavorare. Bisogna dire, però , che anche se nella maggioranza dei casi è riscontrabile l’inferiorità economica, questa dottrina appare viziata da apriorismo ideologico.
Infatti, non vi è coincidenza tra subordinazione e condizione di alienazione ( = condizione d’inferiorità del lavoratore) rispetto alla proprietà o controllo dei mezzi di produzione. Pur ammettendo che l’autonomia contrattuale sia condizionata dalla posizione d’inferiorità economica del lavoratore, tale effetto non è sempre generatore di disuguaglianza sostanziale, in quanto non è omogeneamente distribuito all’interno della classe dei lavoratori ed in ogni caso non è sufficiente a privare il contratto della sua funzione regolamentare del rapporto.
In tutti i modi, la condizione di inferiorità è assente tutte quelle volte in cui il prestatore è fornito di adeguata forza contrattuale.