La distinzione tra attività e risultato del lavoro e l’emersione della subordinazione contrattuale

La distinzione tra lavoro subordinato e lavoro autonomo emerge da un processo di elaborazione concettuale a conclusione del quale si perviene alla classificazione che distingue l’attività del lavoro e il risultato del lavoro

L’attività del lavoro è l’oggetto della locazione di opere, cioè del lavoro subordinato.

Il risultato del lavoro è l’oggetto della locazione dell’opera, cioè del lavoro autonomo.

Resta, tuttavia, una grave incertezza sotto il profilo oggettivo e funzionale. Essa, infatti, da un alto mette in evidenza la sostanziale identità dell’oggetto della prestazione ( che è sempre il bene economico della forza lavoro) dovuta dal lavoratore nei due tipi di contratto, dall’altro ne differisce la natura secondo la diversa imputazione del rischio (dell’utilità o della produttività) del lavoro.

La subordinazione come sottoposizione del lavoratore alla direzione ed al controllo del datore di lavoro nell’impresa industriale

Il legislatore tende a far coincidere la figura del contratto di lavoro con la nozione di lavoro manuale salariato o dipendente per eccellenza.

In passato (legge n. 215 del 1893) si demandava alla competenza dei Collegi dei Probiviri tutte le controversie relative al contratto di lavoro tra industriali e operai. Secondo le leggi dell’epoca la subordinazione veniva individuata nel concetto di collegamento tra la prestazione e l’azienda industriale. Era assente, tuttavia, nel periodo, una definizione positiva della subordinazione: si definiva operaio “chiunque, in modo permanente o avventizio e con remunerazione, fissa o a cottimo, è occupato nel lavoro fuori della propria abitazione”.

Per la giurisprudenza, la subordinazione (o dipendenza) tendeva ad identificarsi con il comportamento dovuto dal lavoratore in attuazione della propria obbligazione, il quale (a differenza dal lavoratore autonomo) ha diritto al salario  per tutto il tempo in cui è rimasto a disposizione dell’imprenditore.

La legge sull’impiego privato del 1924 e il Codice Civile del 1942: la collaborazione come connotato specifico della subordinazione

Il legislatore del Codice Civile del 1942, ed ancora prima la legge sul contratto di impiego (R.D.L. 1924, n° 1825), ha ravvisato nell’attività professionale e nell’esercizio di mansioni di collaborazione c.d. fiduciaria, intesi come svolgimento di funzioni continuative e di fiducia nell’azienda,  il connotato specifico della subordinazione dell’impiegato.

Nel Codice Civile l’art. 2094 identifica la collaborazione con lo scopo, o meglio, con il risultato tecnico-funzionale della prestazione resa dal lavoratore in cambio della retribuzione. L’elemento della collaborazione si può ritenere tuttora attuale.

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