Il Trattato di Roma ha subìto modifiche rilevanti per effetto dell’Atto Unico Europeo dell’87, del Trattato di Maastricht del ’92 e di quello di Amsterdam del ’97, nonché del Trattato di Nizza del 2001,
attraverso l’attribuzione all’autonomia delle parti sociali di un ruolo significativo nell’ambito delle fonti.
Tra gli obiettivi fondamentali è collocato un elevato livello di occupazione e di protezione civile. Si specifica che gli Stati membri hanno come obiettivo il miglioramento delle condizioni di vita e del lavoro e la promozione del lavoro. Obiettivi sono anche il dialogo sociale e lo sviluppo delle risorse umane atto a conseguire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta all’emarginazione. Il dialogo sociale, inoltre, ha la natura di vera e propria fonte formale in materia sociale.
Per la politica sociale, per alcuni settori, il Consiglio dell’UE può adottare direttive a maggioranza (es: parità uomini-donne), nel rispetto della procedura di codecisione con il Parlamento Europeo e con la Commissione. Per altri settori (es. rappresentanza degli interessi collettivi), si prevede l’unanimità.
È consentito agli Stati di affidare alle parti sociali il compito di mettere in atto una direttiva.
Nasce il c.d. principio di sussidiarietà, cioè l’intervento della Comunità quando un obiettivo non può essere sufficientemente realizzato da uno Stato membro, mentre lo si può realizzare meglio a livello comunitario.
La Comunità inoltre incoraggia la cooperazione tra Stati membri attraverso iniziative volte a migliorare la conoscenza, a sviluppare gli scambi di informazioni, a valutare le esperienze fatte. Uno Stato può, però, sempre conservare una legge che preveda maggiore protezione.
E’ da segnalare che restano ancora escluse dall’azione comunitaria alcune materie di rilievo, quali le retribuzioni , il diritto di associazione, il diritto di sciopero e quello della serrata. La Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata a Strasburgo nel 1989, non sopperisce a tale esclusione, anche se in essa sono garantite le libertà sindacali ed il diritto ad un’equa retribuzione.
L’esclusione delle libertà sindacale e di contrattazione collettiva e del diritto di sciopero dall’ambito delle competenze comunitarie è stata oggetto di aspre critiche nel dibattito negli ultimi anni.
Il nostro Paese segue una particolare procedura legislativa per adeguare il proprio ordinamento ai princìpi europei. La cosiddetta legge “La Pergola” dell’89, ha introdotto la figura delle leggi comunitarie, la cui emanazione è prevista con cadenza annuale, al fine di dare periodica attuazione alle direttive, eventualmente mediante delega legislativa al Governo. Tale legge è stata di recente modificata ed integrata dalla L. 4 febbraio 2005, n. 11, al fine di tener conto, nel processo di adeguamento dell’ordinamento interno a quello comunitario, delle competenze legislative che la riforma federalista ha attribuito alle regioni.