Il diritto internazionale classico, almeno fino alla prima guerra mondiale, non poneva alcun limite all’uso della forza, gli Stati infatti potevano farsi guerra o ricorrere all’uso della forza ogni qual volta ritenevano che era stato violato un loro diritto o quando lo ritenevano politicamente o economicamente conveniente.
Dopo la seconda guerra mondiale, la pace è divenuta fine supremo della Comunità internazionale, e la minaccia e l’uso della forza è stato definitivamente bandito nelle relazioni internazionali dall’art. 2 dello Statuto delle Nazioni Unite.
La proibizione contenuta nella Carta non ha per oggetto qualsiasi minaccia od uso della forza, ma solo quelli esercitati nelle relazioni interstatuali. Ne consegue che la repressione di un’insurrezione interna da parte del governo legittimo non costituisce una violazione dell’art. 2. Infatti l’attività di governo volta a ristabilire l’ordine pubblico non è soltanto pienamente legittima ma deve anche potersi svolgere liberamente, senza subire alcuna ingerenza esterna. Diverso è invece il caso in cui la forza è impiegata al fine di reprimere il diritto di autodeterminazione di un popolo soggetto a dominazione coloniale o razzista. In tal caso, le Nazioni Unite, hanno sempre condannato le attività repressive del governo, il che significa che l’utilizzo della forza da parte del Governo, violi il principio stabilito dall’art. 2 della Carta delle NU.
L’eccezione più rilevante al divieto della minaccia e dell’uso della forza nelle relazioni internazionali è costituita dalla legittima difesa individuale e collettiva nel caso che abbia luogo un attacco armato contro un membro delle NU, previsto dall’art. 51 della Carta ONU.
L’aggressione armata già sferrata costituisce, secondo l’art. 51, una condizione essenziale per l’esercizio del diritto d’autotutela..
Secondo la dottrina maggioritaria, il diritto consuetudinario non prevede la legittima difesa preventiva (prima che l’attacco armato sia sferrato), ma solo un diritto di autodifesa.
La reazione dello Stato mediante l’uso lecito della forza deve essere esercitato nei limiti posti dal criterio della:
· necessità, cioè può ricorsi all’uso della forza solo in caso di necessità urgente, tale da non lasciare la possibilità di individuare soluzioni alternative;
· proporzionalità, ovvero non ci deve essere un’eccessiva sproporzione tra violazione subita e reazione dello Stato.
Comunque in ogni caso lo Stato leso deve cessare le azioni intraprese in legittima difesa non appena il Consiglio di sicurezza dell’ONU abbia adottato le misure necessarie per mantenere la pace e la sicurezza internazionale.
Il Consiglio di sicurezza adeguatamente informato dallo Stato leso, valuta se esistono le condizioni per le quali lo Stato può invocare la legittima difesa o se invece la sua azione maschera un’aggressione.
Inoltre l’art. 51 attribuisce agli Stati non solo un diritto di legittima difesa individuale ma anche collettiva, ciò significa che qualsiasi Stato pur non avendo subito un attacco armato diretto, può intervenire a favore di uno Stato che abbia subito un aggressione, purché si verifichino le stesse condizioni della legittima difesa individuale.
La Cartadelle Nazioni Unite, da un lato sancisce il divieto dell’uso della forza nei rapporti internazionali, dall’altro accentra nel Consiglio di sicurezza la competenza a compiere le azioni necessarie per il mantenimento della pace e dell’ordine tra gli Stati.
· Il Consiglio di sicurezza ha anzitutto il potere di accertare l’esistenza di una minaccia alla pace o di un atto di aggressione nei confronti di uno Stato membro, art. 39.
· In seguito all’accertamento della violazione, il Consiglio può invitare le parti interessate ad ottemperare alle misure provvisorie, come il cessate il fuoco, Le misure hanno natura preventiva (per non aggravare la situazione) e non vincolante (si tratta pur sempre di un invito), art 40.
· Il Consiglio può adottare in base all’art. 42 misure non implicanti l’uso della forza, che possono vincolare gli Stati membri dell’ONU a prendere
una serie di misure più blande (l’embargo o l’interruzione di relazioni diplomatiche) nei confronti dello Stato che abbia, violato o minacciato la pace.
· Infine il Consiglio può adottare misure implicanti l’uso della forza.
L’art. 43 prevede infatti le ipotesi del ricorso alla forza contro uno Stato colpevole di aggressione, minaccia o violazione della pace. Il Consiglio, può eseguire azioni di polizia internazionale, mediante delibere operative, con le quali non esorta, ma agisce direttamente. Le modalità dell’azione del Consiglio di sicurezza si formano sulla base di accordi. Il sistema di sicurezza accentrato alla base del sistema ONU, non è stato però mai capace di un azione veramente efficace, ciò soprattutto a causa del diritto di veto riconosciuto alle grandi potenze in seno al Consiglio di Sicurezza, ciò significa che per deliberare l’intervento armato è necessario il consenso di tutti e cinque i membri permanenti. Per decenni ciò è stato impossibile, soprattutto a causa della divisione del mondo in blocchi contrapposti. Infatti il Consiglio di sicurezza è finora intervenuto in crisi internazionali o creando delle Forze di pace, incaricate di operare per il mantenimento della pace (peace-keeping operations) o autorizzando gli Stati singolarmente o collettivamente ad intervenire delegando loro l’uso della forza e il comando delle operazioni militari.
L’art. 53 stabilisce che il Consiglio di sicurezza utilizza gli accordi e le organizzazioni regionali per azioni coercitive sotto la sua direzione ed aggiunge che nessuna azione potrà essere intrapresa in base ad accordi regionale senza l’autorizzazione del Consiglio stesso.
Inoltre dalla Carta dell’ONU emerge che le organizzazioni regionali possono agire contro uno Stato sia con l’autorizzazione del Consiglio di sicurezza sia senza tale autorizzazione nel caso di risposta ad un attacco armato già sferrato. Tra le organizzazioni regionali di difesa, ha assunto un a posizione primariala NATO, istituita dal Patto del Nord Atlantico del 1949. La finalità principale di questa Organizzazione è quella di assicurare il mantenimento della pace e della sicurezza degli Stati membri attraverso la costituzione di un sistema di sicurezza, che si basa sul controllo degli armamenti, il disarmo e le misure volte alla non proliferazione delle armi, nonché condanna al terrorismo. In altri terminila Natonon solo ha funzioni di difesa collettiva ma anche di sicurezza collettiva.
La Natoinoltre può intervenire nei casi in cui si verifichino violazioni dei diritti umani, tali da costituire crimini contro l’umanità.