Nel corso della storia del pensiero giuridico, c’è stato chi ha cercato di cogliere il momento costitutivo dell’esperienza giuridica, nella realtà sociale dove il diritto si forma e si trasforma. Possiamo dire che tali movimenti hanno evidenziato l’efficacia. Essi combattono una battaglia su due fronti: Contro il giusnaturalismo che avrebbe una concezione ideale del diritto e contro il positivismo in senso stretto che ha una concezione formale del diritto. In antitesi al giusnaturalismo questi movimenti si possono dire realistici, in antitesi al positivismo contenutistici nel senso che guardano al diritto come effettivamente è.

Dal loro punto di vista, peccano di astrazione sia i giusnaturalisti quanto i positivisti, i primi perché scambiano il diritto reale con le aspirazioni alla giustizia, i secondi perché lo scambiano con le regole imposte e formalmente valide. I seguaci del realismo vedono un contrasto fra diritto imposto e quello effettivamente applicato e considerano solo quest’ultimo come diritto nella sua concretezza. Si possono individuare secondo Bobbio almeno tre movimenti nell’ultimo secolo in cui questo modo di concepire il diritto è emerso:

  • Il primo è rappresentato dalla scuola storica      del diritto fiorita al tempo della restaurazione; essa rappresenta nel      campo del diritto un cambio di pensiero derivato dal diffondersi del      romanticismo. Tale scuola combatte il modo razionalistico e astratto di      concepire il diritto che è il giusnaturalismo, secondo vi è diritto      universalmente valido deducibile con la ragione. Per la scuola storica il      diritto è un fenomeno storico e sociale che nasce spontaneamente dal      popolo. Il mutamento si manifesta soprattutto nella considerazione del      diritto consuetudinario come fonte primaria del diritto proprio perché sorge      immediatamente dalla società.
  • Il secondo momento della reazione      antigiusnaturalistica e antiformalistica, è rappresentato da un vasto e      vario movimento storico che possiamo chiamare CONCEZIONE SOCIOLOGICA DEL      DIRITTO. Sorge per effetto dello sfasamento che si era venuto creando tra      la legge scritta nei codici e la realtà sociale in seguito alla      rivoluzione industriale(diritto efficace). L’effetto più rilevante di      questa concezione si rivela nel richiamo al diritto giudiziario, cioè al      diritto elaborato dai giudici in quell’opera di continuo adattamento della      legge ai bisogni concreti emergenti dalla società, che avrebbe dovuto      costituire secondo i seguaci di quest’indirizzo, il rimedio più efficace      per accogliere le istanze del diritto che si elabora spontaneamente nel      vario intrecciarsi dei rapporti sociali. Bobbio come simbolo delle      manifestazioni di questo indirizzo, ricorda l’opera di Eugenio Ehrlich      sulla logica dei giuristi che è una delle più documentate e intransigenti      polemiche contro il positivismo statualistico in nome della libera ricerca      del diritto da parte del giudice e del giurista i quali debbono cercare le      soluzioni delle controversie non affidandosi alla volontà statuale in modo      passivo, ma immergendosi nello studio del diritto vivente che la società      in contuo movimento produce.
  • Il terzo momento è caratterizzato dalla      concezione realistica del diritto che ha avuto fortuna in questi ultimi      decenni negli Usa. Non bisogna dimenticare che i paesi anglosassoni sono      più inclini alle teorie sociologiche del diritto per il posto che ha nei      loro sistemi normativi, che non conoscono grandi codificazioni, il diritto      consuetudinario (common law). Il padre spirituale di queste moderne      correnti realistiche, fu il giurista Holmes il quale fu il primo a introdurre      un’interpretazione evolutiva del diritto; inoltre la giurisprudenza      sociologica ha avuto in America il suo teorico nel più autorevol filosofo      del diritto americano dell’ultimo cinquantennio: Roscoe Pound, il quale si      è fatto difensore della figura del giurista sociologo, intendendo il      giurista che tiene conto, nell’interpretazione e applicazione della legge,      dei fatti sociali dai quali il diritto deriva e che deve regolare. La      scuola realistica peraltro va ben oltre ai principi che si possono ricavare      da Holmes e da Pound. La tesi fondamentale da essa sostenuta è che non      esiste un diritto obbiettivamente desumibile da dati certi, il diritto è      una continua creazione del giudice, è sua opera esclusiva nell’atto in cui      decide una controversia. Cade in questo modo il principio tradizionale      della certezza del diritto.

Bobbio non crede che si possa dire che con l’accentuazione del momento attivo, evolutivo, sociale del diritto, venga a scomparire la differenza tra validità ed efficacia nel senso che solo il diritto valido sia quello efficace. Per precisare la situazione egli tiene conto del fatto che la critica delle correnti sociologiche si è risolta in una revisione delle fonti del diritto e nella rivalutazione di due altre fonti diverse dalla legge: il diritto consuetudinario e il diritto giudiziario.

Per quanto riguarda il diritto consuetudinario, è stato detto che esso è il diritto in cui validità e efficacia coincidono, ma quest’affermazione non è del tutto esatta: se è giusto dire che nel diritto consuetudinario la validità è sempre accompagnata dall’efficacia, non è altrettanto giusto l’inverso che cioè l’efficacia sia sempre accompagnata dalla validità. Dire che una consuetudine è valida a causa dell’efficacia, equivarrebbe a sostenere che un comportamento diventi giuridico per il solo fatto di essere ripetuto. Occorre invece che quel comportamento costante riceva una forma giuridica, ovvero venga accolto in un determinato sistema giuridico, come comportamento obbligatorio.

Per quel che riguarda il maggior rilievo dato alla figure del giudice creatore del diritto, nasce il problema solo se si possa considerare propriamente diritto quel diritto vivente, quello che nasce spontaneamente dalla società. Ci soccorre a tale proposito la distinzione tra fonti di cognizione e fonti di qualificazione del diritto. Il diritto vivente è puramente un fatto da cui il giudice trae la conoscenza delle aspirazioni giuridiche che si vengono formando nella società. Ma perchè queste aspirazioni diventino regole giuridiche occorre che il giudice le accolga e attribuisca loro l’autorità normativa. Il diritto vivente quindi non è ancora diritto fino a che è solo efficace; lo diviene nel momento in cui il giudice, in quanto creatore di diritto, gli attribuisce validità.

Se il diritto vivente può essere considerato fonte di cognizione giuridica, solo il giudice può essere considerato fonte di qualificazione.

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