Quello di Tocqueville è un liberalismo della società civile. Le garanzie per l’individuo che Constant ha cercato nelle forme giuridiche che imbrigliano l’azione del potere, Tocqueville le rintraccia nella struttura della società civile. Il governo democratico secondo Tocqueville “suppone sempre l’esistenza di una società molto civile e istruita”. Tocqueville rinuncia a combattere la democrazia ma formula l’istanza di educare la democrazia, aiutandola così a depurarsi di tutte le scorie pericolose che l’avvicinano alla tirannide. Nell’età moderna esistono soltanto “piccoli fili pressoché invisibili” e ognuno può cambiare posto, professione, condurre una vita imprevedibile alla ricorsa dei propri desideri.
Ma questo mondo in cui ciascuno rincorre i desideri, e non si limita all’appagamento dei bisogni primari, è estremamente fragile e illusorio. Non ci sono barriere formali a impedire il successo ma la concorrenza che si insinua tra gli individui è spietata. Tutti possono partecipare alla gara competitiva del mercato ma non tutti possono vincere.
La nozione di individualismo riveste un antinomico significato. Per un verso, essa è una scoperta moderna del tutto irriducibile al vecchio concetto di egoismo. L’individualismo rimanda a un “sentimento moderato e tranquillo”, a una cura consapevole del proprio interesse come diverso da quello pubblico generale. Per un altro, l’individualismo indica una situazione di carenza etico-politica, e quindi un disvalore. Anche il moderno individualismo, che pure è alla base della emersione del soggetto, alla fine si converte in egoismo deleterio. Esso smarrisce ogni virtù e perde ogni legame sociale lasciando ciascun soggetto nella solitudine del suo stesso cuore. In questa società atomizzata e competitiva la perdita di civitas si può arginare solo con accorgimenti etico-religiosi.
“L’egoismo individuale è come la ruggine della società”. I rimedi a una democrazia senza qualità sono da Tocqueville ricercati in fattori di ordine etico-politico. Le regole e le procedure tecniche non bastano, occorre anche una civiltà omogenea. La democrazia di per se non riesce a stimolare questa salutare omogeneità di vedute. La democrazia è infatti il regno della passione e del rapido mutamento delle credenze e degli interessi. C’è perciò bisogno del soccorso etico portato dalla religione. L’interesse freddo e calcolatore più la fede e il coinvolgimento mistico, questa è la ricetta vincente secondo Tocqueville. Tocqueville ricerca una opinione comune, un patrimonio di valori condiviso, un sistema di credenze per tutti simile. Si avventura per questo in considerazioni metafisiche, in solenni proclami teologici. Questo soccorso della religione non serve per giustificare l’autorità. Serve, invece, per sopperire alla carenza etica della democrazia.
La politica deve inginocchiarsi davanti a un’etica per tutti evidente. Non il demos ma l’ethos la tiene in piedi. I ritrovati specificamente politici, come il patriottismo, si rivelano però insufficienti a fornire un ethos. Ci vorrebbe una felice combinazione di patriottismo e cupidigia. Ma soprattutto la religione riesce a riformare un legame tra individui dispersi, a generare un benevolo conformismo in una età del dubbio corrosivo.
Dinanzi al pericolo della maggioranza che pretende di estendere il controllo dello stato in ogni ambito della vita, Tocqueville raccomanda le lezioni di doppio grado. Oltre questa forma di riduzione della complessità affidata al congegno elettorale, Tocqueville auspica una presenza sobria dello stato.
Contro i vizi dello statalismo, Tocqueville enfatizza il ruolo dell’associazionismo e di una sfera privata che confida sulla sua capacità e “non pensa minimamente di rivolgersi all’autorità pubblica per ottenere l’aiuto”. Solo in questo modo lo stato viene contenuto da una ricca trama di associazioni, da un desiderio di ricchezza, da uno spirito di iniziativa.