Per Kant è vana la fatica di rintracciare le origini empiriche della società. Sulla base dell’analisi dei fatti è più verosimile supporre che lo Stato sorga dalla violenza anziché dal consenso. Nell’intendere il contratto come atto originario costitutivo della società Kant si oppone all’empirismo di Locke come al razionalismo etico di Rousseau. Ma mentre per Rousseau il contratto significa rinunzia allo stato e alla libertà naturale per Kant tale contratto non prevale sull’ordine giuridico naturale . Esso lo rafforza e lo consolida in una forma più razionale. Per tale motivo il contratto di Kant è meno sociale e più politico: esso non crea lo Stato ma lo costituisce nelle forme del diritto.

La costituzione ideale è per Kant la costituzione repubblicana. Questa si fonda sulla divisione dei poteri in potere legislativo esecutivo e giudiziario. In questo Kant si ispira a Montesquieu. La costituzione su cui si regge la legge è la costituzione repubblicana la quale non significa costituzione democratica. Kant teneva in sommo dispregio il popolo inteso come moltitudine confusa , disordinata , irrazionale. La critica kantiana più che contro Hobbes a cui riconosceva un idea negativa di libertà si rivolse particolarmente contro l’eudemonismo giuridico e politico e contro il dispotismo illuminato che pretendeva di utilizzare lo Stato ai fini della felicità individuale.

Prima di Kant era prevalsa un’idea di Stato paternalistico tutore dell’individuo ed arbitro della sua vita fisica e spirituale. Egli era privato della possibilità di una qualsiasi iniziativa individuale . Lo Stato non può con i mezzi forniti dal diritto farsi promotore della felicità individuale e meno che mai di quella collettiva poiché nessuno può costringere un altro ad essere felice alla sua maniera. Lo Stato giuridico kantiano non può confondersi con l’universalismo etico-politico di Rousseau. Questi agognava uno Stato a cui la ragione individuale doveva sottomettersi in virtù di una razionalità che sacrificava il particolare.

Per Kant lo Stato non può concepirsi come Stato etico. Esso infatti non può costringere l’individuo a compiere ciò che è doveroso. L’intenzione buona in cui consiste la moralità non si forma con la coercizione dello Stato. Spontaneità etica e coercizione giuridico- politica sono termini antitetici ed incompatibili. La dottrina politica kantiana non si concilia né con il dispotismo del senso ( sensismo empirismo) né con il dispotismo della ragione. Lo Stato giuridico di Kant è lo Stato basato sul diritto inteso come libertà esterna. Kant non ha la fiducia di Locke nell’egoismo illuminato e regolato dalla ragione né ha la fede di Leibiniz nell’autorità della ragione contro le intemperanze dell’egoismo.

Kant partecipava al pessimismo di Macchiavelli di Hobbes e di Rousseau con riferimento alla libertà individuale ma egli concepiva lo Stato come ordine giuridico che trasformerebbe la libertà naturale da potere cieco e disordinato a forza regolata da una norma razionale. Lo Stato giuridico kantiano non può confondersi con il liberalismo empirico di Locke e dei suo seguaci. Per essi lo Stato sorge dalla rinunzia al diritto individuale nei limiti imposti dalla necessità della pace e della conservazione. Per Kant lo Stato deve intendersi in rapporto ad una norma razionale che mira a mantenere le condizione della coesistenza individuale.

Lo Stato giuridico kantiano è liberale nel senso che esso vuole rispettata il più possibile la libertà esterna dell’individuo . Questa non può essere coartata sulla base di considerazioni di tipo utilitaristico o basate sul principio della felicità indotta dal piacere quanto differentemente da un principio di ragione capace di originare esternamente una volontà o azione comune. Si comprende dunque come lo Stato vagheggiato da Kant non sia né democratico né dispotico ma giuridico e in quanto tale liberale. Lo Stato non può subordinare i fini degli individui ai fini propri . La ragione politica non può mai prevalere sulla ragione giuridica. La giustizia è il fondamento e la ragione dello Stato . Questo deve affermarsi inesorabilmente senza vani sentimentalismi e senza falsa pietà quando è in gioco la causa del diritto. Nella sua concezione la libertà è la sostanza stessa dello Stato.

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