Le fonti del diritto nel principato
Con il principato si ebbero profondi mutamenti negli assetti istituzionali, questo però non porto rilevanti modificazioni nell’assetto socio-economico romano poiché non vi furono radicali innovazioni sul piano del diritto privato.
Il principes agiva da supervisore sulle cariche giurisdizionali. Scomparve la lex rogata, troppo legata all’ideologia repubblicana, per far spazio ai senatusconsulta, i quali sono considerati idonei a creare ius civile e sono quindi direttamente vincolanti per i soggetti.
In questo periodo si ebbe anche la codificazione dell’editto pretorio, in modo tale che il pretore perde l’indipendenza politica nei confronti dell’imperatore. Il principe esercitava una sorta di sorveglianza sulla produzione letteraria dei giuristi per individuare chi realmente avesse l’auctoritas e le capacità tecnico-giuridiche necessarie. Quindi l’auctoritas del principe era sovrapposta alle altre. Era l’imperatore che valutava le capacità e le auctoritas dei vari soggetti, scegliendo così i prudentes. Si ritenne quindi che un giurista munito di ius respondendi avesse maggiore auctoritas rispetto ad un giurista che ne era sprovvisto; di conseguenza anche i pareri dei prudentes ebbero peso differente a seconda di colui che le avesse prodotte.
Le costituzioni imperiali
Con Augusto si ha l’avvento delle costituzioni imperiali, le quali sono idonee a creare ius civile.
Esse si distinguono in due categorie:
– costituzioni generali, che pongono norme giuridiche in senso proprio (edicta e mandata);
– costituzioni particolari, che risolvono un caso concreto (decreta epistulae e rescriptia).
Gli edicta e i mandata si presentavano come istruzioni date dall’imperatore ai propri funzionari ed ai magistrati.
I decreta sono sentenze emanate direttamente dall’imperatore nell’esercizio diretto della giurisdizione. I rescriptia e le epistulae sono usati dall’imperatore per dare un’opinione vincolante in merito al caso concreto.
I provvedimenti presi dal principe erano discussi in seno al consilium principis il quale era composto da esperti in materia giuridica. La cancelleria imperiale andava quindi ad affiancare i giuristi nella produzione delle fonti.
Ius controversium e giurisprudenza alla fine dell’epoca classica
Verso la fine dell’epoca classica, il ius controversium non subì particolari cambiamenti restando vigore fino a Giustiniano. Novità non si ebbero nemmeno nel metodo della giurisprudenza, la quale restò sostanzialmente ancorata alla metodologia casistica. L’attività di produzione dei giuristi laici continuò in modo tale da fornire una sempre più vasta quantità di casi concreti così da poter fornire al magistrato materiale esaustivo per applicare meccanicamente questo o quel provvedimento a seconda del caso.
Il volgarismo postclassico e la compilazione giustinianea
A partire dal 240 d.c. l’elaborazione del diritto vigente spetta ormai solo alla cancelleria imperiale.
Nel passaggio tra il III e il IV secolo d.c. i mutamenti furono molto più evidenti con l’affermarsi delle costituzioni generali, le quali vengono utilizzate anche per disciplinare i rapporti privatistici. Tale produzione viene definita “volgarismo” per il fatto che essa non avveniva in metodo scientifico (secondo la scuola classica). Nonostante i prudentes non producessero più, questi erano però, ancora oggetto di studio nelle scuole romane e quindi, anche se in una veste diversa, erano ancora fonti del diritto. Il giudice era tenuto a tenerne nel caso in cui una parte li avesse sottoposti alla sua attenzione. A regolamentare tale situazione fu fatta una legge detta legge delle citazioni la quale specificava quali autori potevano essere sottoposti all’attenzione del giudice.
Infine Giustiniano nell’aprile del 529 d.c. pubblica il Novus codex Iustinianus il quale fondeva al suo interno le costituzioni generali dei suoi predecessori insieme alla legge delle citazioni. Nel 530 d.c. abbiamo la compilazione del Digesto e nel novembre 534 si ebbe la compilazione di una nuova raccolta di costituzioni chiamata Novelle Costituzioni.