Oltre alla categoria delle imprese commerciali e alla categoria delle imprese agricole è possibile individuare una terza categoria, la categoria delle imprese civili, anche se non prevista da alcuna norma.

L’imprenditore civile, non essendo né commerciale né agricolo, è sottoposto solo allo statuto generale dell’imprenditore, ma non a quello dell’imprenditore commerciale. Perciò non è sottoposto a fallimento.

Se si ritiene che il requisito dell’industrialità debba essere inteso nel suo significato tecnico-economico, ossia di attività che implichi l’impiego di materie prime e la loro trasformazione in nuovi beni a d opera dell’uomo, si dovrebbero considerare imprese civili e non commerciali:

–         le imprese che producono beni senza trasformare materie prime, come le imprese minerarie e le imprese di caccia e pesca;

–         le imprese che producono servizi senza trasformare materie prime e che non siano imprese produttrici ricompresse nell’art. 2195, come le imprese di pubblici spettacoli, agenzie matrimoniali, investigative;

Più in generale, sarebbero imprese civili tutte le imprese ausiliarie di attività non commerciali.

Inoltre, visto che attività di intermediazione nella circolazione presuppone sia l’acquisto sia la vendita,  sarebbe imprenditore civile chi vende beni propri dietro corrispettivo o l’imprenditore che eroga credito con mezzi propri (impresa finanziaria) e che perciò non esercita attività bancaria.

Tale teoria però non è condivisa dalla dottrina prevalente, in quanto questa parte della dottrina ritiene che il significato al requisito dell’industrialità e dell’intermediazione sia un altro. Ritengono, infatti, che il significato di “attività industriale” significhi “attività agricola” e “attività di intermediazione” significhi “attività di scambio”.

Si arriva perciò alla conclusione che l’art. 2195 va letto come se dicesse che è attività commerciale quella diretta alla produzione di beni o servizi non agricoli (n.1) e quella rivolta alla circolazione di beni non qualificabile come agricola per connessione (n.2). Quindi, è imprenditore commerciale ogni imprenditore non agricolo, dato che le altre categorie previste dall’art. 2195 sono tutte specificazioni delle prime due. Per le imprese civili non c’è spazio.

Vi è però una serie di altri indici che depone contro l’ammissibilità delle imprese civili:

–         non vi è alcuna disposizione che possa far pensare all’esistenza di imprese diverse da quelle agricole e commerciali;

–         vi sono norme che confermano che per il legislatore il binomio agricolo – commerciale esaurisce la tipologia delle imprese in base all’oggetto dell’attività;

–         vi sono norme che rendono plausibile l’interpretazione dell’aggettivo industriale nel senso di non agricolo.

Infine, ammettendo la categoria delle imprese civili si amplierebbe l’area delle attività produttive sottratte allo statuto dell’imprenditore commerciale, senza che vi sia una giustificazione sostanziale.

Queste considerazioni fanno propendere per una ricostruzione del sistema che non lasci vuoti fra l’imprenditore agricolo e quello commerciale.

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