Il terzo ed ultimo criterio di distinzione della disciplina delle imprese è dato dalla natura giuridica del soggetto titolare dell’impresa che distingue fra impresa individuale, impresa societaria ed impresa pubblica.

Le società sono le forme associative tipiche, anche se non esclusive[1], previste dall’ ordinamento per l’esercizio collettivo di attività di impresa. Esistono diversi tipi di società e la società semplice è utilizzabile solo per l’esercizio di attività non commerciali, mentre le altre società possono svolgere attività commerciali ed agricole. Le società diverse da quella semplice sono dette società commerciali e potranno essere imprenditori agricoli (società commerciali con oggetto agricolo) o imprenditori commerciali (società commerciali con oggetto commerciale) a seconda dell’ attività esercitata.

L’applicazione alle società commerciali degli istituti dell’imprenditore commerciale segue alcune regole:

  1. a.     Parte della disciplina propria dell’imprenditore commerciale si applica alle società commerciali qualunque sia l’attività svolta, come per l’obbligo di iscrizione nel registro delle imprese, (art. 2136[2] e art. 2200[3]), e per la tenuta delle scritture contabili. Resta invece fermo l’esonero delle società commerciali che gestiscono un’attività agricola dal fallimento e dalle altre procedure concorsuali, art. 2221[4] e art. 1, 1° comma, legge fallimentare[5].

A seguito della riforma del diritto fallimentare del 2006, anche le società possono essere piccoli imprenditori, e tale società sono esonerate anch’essi dalle procedure concorsuali, art. 1, 2° comma, legge fallimentare.

  1. b.    Nelle società in nome collettivo ed in accomandita semplice parte della disciplina dell’imprenditore commerciale trova poi applicazione solo o anche nei confronti dei soci a responsabilità illimitata: tutti i soci nella società in nome collettivo, i soci accomandatari nella società in accomandita semplice.

      Trovano applicazione solo nei confronti dei soci le norme che regolano         l’esercizio di impresa commerciale da parte di un incapace.

Trova applicazione anche nei confronti dei soci la sanzione del fallimento in quanto il fallimento della societĂ  comporta automaticamente il fallimento dei singoli soci a responsabilitĂ  illimitata.


[1] Infatti l’attività di impresa può essere svolta anche dalle associazioni, dalle fondazioni e dai consorzi

[2] Art. 2136 InapplicabilitĂ  delle norme sulla registrazione  Le norme relative all’iscrizione nel registro delle imprese (2188 e seguenti) non si applicano agli imprenditori agricoli, salvo quanto e disposto dall’art. 2200.

[3] Art. 2200 SocietĂ  Sono soggette all’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese le societĂ  costituite secondo uno dei tipi regolati nei Capi III e seguenti del Titolo V e le societĂ  cooperative (2511 e seguenti), anche se non esercitano un’attivitĂ  commerciale.

L’iscrizione delle societĂ  nel registro delle imprese (att. 100) è regolata dalle disposizioni dei Titoli V e VI.

[4] Art. 2221 Fallimento e concordato preventivo

Gli imprenditori che esercitano un’attivitĂ  commerciale, esclusi gli enti pubblici e i piccoli imprenditori, sono soggetti, in caso d’insolvenza, alle procedure del fallimento e del concordato preventivo, salve le disposizioni delle leggi speciali.

[5] Art. 1 (Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo).

Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’attivitĂ  commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori.

Ai fini del primo comma, non sono piccoli imprenditori gli esercenti un’attivitĂ  commerciale in forma individuale o collettiva che, anche alternativamente:

a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro trecentomila;

b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attivitĂ  se di durata inferiore, per un ammontare complessivo annuo superiore a euro duecentomila.

I limiti di cui alle lettere a) e b) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni, con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferimento.».

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