Il Libro IV (Delle obbligazioni), Titolo IX (Dei fatti illeciti) del Codice civile italiano appare in linea di massima aderente al modello francese, del quale rappresenta un miglioramento sul piano tecnico.

Vi è una duplice ragione di ciò:

a. ai tempi della seconda codificazione italiana, l’esperienza della Commissione italo-francese sul diritto delle obbligazioni e dei contratti era troppo recente perché si potesse pensare ad un modello alternativo;

  1. ad un certo punto si cercò di portare a termine il lavoro di codificazione con troppa furia, e ciò favori i “residui” del modello francese.

Infatti il primo progetto del libro delle obbligazioni della Commissione reale per la riforma dei codici (1936) riproducente quello della Commissione italo-francese fu presto messo da parte, ma la rimozione non riguardò nella sostanza la parte riguardante i fatti illeciti.

Il Ministro sottolineava l’abbandono della regola più innovativa contenuta in questo primo progetto, la norma sull’abuso del diritto, in base alla quale su colui che ha cagionato danno ad altri eccedendo, nell’esercizio del proprio diritto, i limiti posti dalla buona fede o dallo scopo per il quale il diritto gli fu riconosciuto, grava il risarcimento del danno.

Dedotta la norma totalmente nuova, però, non tutto rientrò nella normalità.

La norma sull’abuso del diritto non era il frutto di un’originale elaborazione della Commissione italo-francese, ma portava diritto al codice civile tedesco.

Se il modello originario di quello che alla fine diventò il Libro IV, Titolo IX, fu di marca nettamente francese, l’elaborazione che pure portò a tale risultato fu condotta senza ignorare il BGB.

Se dunque quest’ultimo fu termine di confronto privilegiato, si sarebbero dovute fornire le ragioni dell’adozione di soluzioni diverse e di un impianto differente, ma di ciò non si trova traccia.

Probabilmente non mancò la consapevolezza, ma la volontà di farla presente.

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