L’art. 1247 cod. civ. pare trovi una piu corretta giustificazione riconoscendo al garante la possibilità di eccepire, autonomamente, la compen­sazione del debito che il creditore vanta nei confronti del debitore principale. Che tale sia la ratio dell’art. 1247 cod. civ. risulta altresì dal fatto che la norma si pone quale specifica­zione del principio espresso dall’art. 1945 cod. civ. che attri­buisce al fideiussore la possibilità di oppure al creditore tutte le eccezioni che spettano al debitore principale, salva quella derivante dall’incapacità: è giusto che giovi pure al garante la compensazione che avvantaggerebbe il debitore.

Diversamente, il fideiussore vedrebbe subordinata la tutela delle pro­prie ragioni alla volontà del debitore. Inoltre, l’obbligazione fideiussoria, stante il carattere dell’ accessorietà, va commisurata all’ obbligazione garantita, con la conseguenza che al garante deve essere assicurata, quanto piu possibile, l’opportunità di avvalersi di ogni mezzo di tutela a questo inerente: differente soluzione renderebbe, in contrasto con quanto stabilito dall’art. 1941, comma 1, cod. civ., l’impegno del fideiussore piu one­roso di quello del soggetto garantito.

L’eterogeneità degli interessi sottesi ai negozi di assunzione del debito permette, con particolare riguardo al­l’espromissione, di rinvenire una differenza anche strutturale rispetto al negozio di garanzia che può essere costituito, oltre che per contratto, pure con atto unilaterale anche all’insaputa del debitore principale (art. 1936, comma 2, cod. civ.). Tale circostanza, inoltre, consente di porre in maniera differente rispetto a quello tradizionale il problema della loro natura corrispettiva e, conseguentemente, dei relativi modi di con­clusione. Quanto sin qui osservato, infatti, mette in evidenza che i negozi di assunzione del debito altrui non realizzano sempre l’assetto di interessi proprio dei contratti a prestazioni corrispettive; ciò perché non sempre all’intervento del terzo consegue la liberazione del debitore originario o la sua degra­dazione ad obbligato sussidiario.

In tale prospettiva creditore, debitore e terzo dovranno concordare la produzio­ne dell’ effetto divisato. Diversamente lo stesso effetto sarà realizzabile o con un atto a struttura complessa, cioè con la partecipazione di chi (debitore principale o creditore) sia ti­tolare di un interesse qualificato, oppure unilateralmente, qualora non vi siano soggetti titolari di un interesse degno di protezione che ne renda necessaria la partecipazione.

Le considerazioni svolte consentono un’ulteriore rifles­sione sulla configurabilità della novazione soggettiva (art. 1235 cod. civ.)219. In considerazione dell’effetto estintivo-costitutivo proprio della novazione, soltanto la delegazione, stante la partecipazione di tutti i soggetti interessati e l’autonomia dei rapporti delegante-delegatario e delegato-delegatario, permet­terebbe la produzione del complesso effetto novativo. Analo­ga soluzione sarebbe da accogliere qualora si ammetta che l’espromittente possa assumere nei confronti dell’ espromis­sari022° un’ obbligazione, strutturalmente distinta dal rapporto di valuta.

In tal caso non parrebbe configurabile la fattispecie delegatoria a causa della mancanza del c.d. iussum da parte del debitore originario, sicché, se l’intervento fosse stato effet­tuato nella forma privativa, si porrebbe il problema di verifi­care se la vicenda sia riconducibile nell’ambito della novazione soggettiva di cui all’ art. 1235 cod. civ. La risposta sembra debba essere negativa in quanto la novazione è negozio tra debitore e creditore e non tra creditore e terzo. Qualora si preferisca aderire alla soluzione opposta, si dovrebbe ammet­tere che il terzo possa estinguere il debito originario mediante la costituzione di un nuovo rapporto senza la partecipazione del debitore che vedrebbe violata la propria sfera giuridica.

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