Nel momento in cui la sovranità è ricondotta allo Stato, si pone (e si tenta con la costituzione di risolvere) il problema di legittimare il Potere, per trasformarlo da mera forza fattuale a fenomeno legale e legittimo.

Questa è la sintesi della sistematizzazione weberiana che elabora l’idea di un’amministrazione assoggettata alla legge e tuttavia indipendente (in quanto Potere): la sovranità appartiene allo Stato, e non al popolo, solo che il popolo diventa con forza e peso crescenti fonte di legittimazione del Potere con cui ci si deve misurare e fare i conti.

Ad ogni modo, tanto nel dibattito costituzionalistico di fine Ottocento quanto nel mondo attuale, il principio di legalità sancisce e salvaguarda il primato della legge sulla funzione esecutiva, dunque la soggezione degli apparati amministrativi all’indirizzo politico elaborato dal legislatore. In quest’ottica il potere deve essere “conformato” affinché non si attenti alla libertà dei cittadini: la “forma” è una barriera di difesa che protegge il debole dal forte. Per questo il formalismo è al centro del sistema di valori di ogni ordinamento positivo, come già ricordava Tocqueville.

Tuttavia è opportuno individuare il percorso che si compie per porre “la forma” al centro di un sistema, come quello del moderno Stato di diritto, in cui sempre più importanti sono i valori politico-costituzionali sottesi alla forma stessa.

A tale proposito occorre notare come anche nei modelli troppo spesso immaginati come radicalmente diversi dai nostri, ad esempio quelli inglese e statunitense di Common Law, vi è un primato della legge (nel caso di specie “Rule of law”) da rispettare.

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