La partecipazione del cittadino al procedimento comporta un miglioramento dei risultati della funzione. È possibile che ciò produca un aggravamento dell’attività dell’amministrazione che è costretta ad una continua dialettica ben diversa da quella puramente interna che era caratteristica del procedimento unisoggettivo.

Il cittadino agisce come stimolo per l’amministrazione ed è uno stimolo più che per quanto riguarda i tempi certo per quanto riguarda i contenuti.

Il procedimento consente di allontanarsi da un esercizio puramente soggettivo dell’attività amministrativa per avvicinarsi all’ideale di un’amministrazione oggettivata.

Con questa espressione si intende dire non solo che l’esercizio della funzione sbocca in un atto il più possibile vicino alla verità ma anche che tale verità è il risultato di una desoggettivazione della decisione.

È ovvio che l’interpretazione della norma non possa essere altro che obiettiva dandosi altrimenti luogo al vizio di eccesso di potere sotto la forma dello sviamento.

Ma sono proprio gli altri casi di eccesso di potere per vizio della funzione il cui ricorrere può essere eliminato per effetto degli apporti procedimentale degli interessati.

Basti pensare ai casi di diversità di trattamento, di contraddittorietà con altri atti fino a giungere a quelli della manifesta illogicità o ancor di più a quelli della manifesta inopportunità. E ciò senza trascurare i casi in cui i vizi di un atto amministrativo possono attenere all’opportunità sotto il profilo dei vizi di merito.

 Ciò che rileva è il fatto che tutti si riuniscono nella dinamica dialettica che caratterizza il dinamismo attuativo della funzione. Tale dialettica si esplica nell’ambito del procedimento secondo il principio del contraddittorio il quale non ha soltanto un valore formale e cioè non postula semplicemente l’obbligo di sentire la parte interessata ma di tener conto di tutti i suoi apporti.

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