Questo metodo della divisione dei poteri non significa né che la funzione esercitata da un potere sia sempre materialmente la stessa né che gli atti posti in essere da un potere abbiamo la stessa natura giuridica.
Non è infatti possibile considerare come atti legislativi tutti quelli emanati dal potere legislativo, né considerare atti esecutivi quelli emanati dal potere esecutivo idem per gli atti giurisdizionali.
È perciò necessario distinguere se un atto è atto di funzione legislativa o esecutiva o giurisdizionale in base a criteri diversi da quello della provenienza da un potere.
Da tempo la distinzione tra gli atti derivanti dall’esercizio di poteri sovrani viene impostata su due criteri tratti dall’interno stesso del sistema giuridico e precisamente dai criteri della sostanza e della forma.
Il criterio sostanziale attiene al momento della definizione dei rapporti tra i soggetti coinvolti, rapporti che assumono valenza diverse nei vari tipi di atti. Dal punto di vista sostanziale, sono atti legislativi o norme giuridiche quelli che tendono a costituire diritti e obblighi per tutti i soggetti compreso quello dal quale il potere legislativo viene esercitato, dato che LA LEGGE E’ UGUALE PER TUTTI à non avrà sostanza di legge quell’atto del potere legislativo che si rivolga ad un singolo cittadino.
Per il criterio del contenuto o dell’interesse, la legge soddisfa un interesse della collettività ma se si tenga presente che in questa collettività vi sono tutte le libertà individuali che formano l’insieme della società, si vedrà anche che l’interesse generale non è solo quello impersonato dallo stato o dalle regioni ma quello formato dall’insieme dei cittadini.
QUINDI à si ritiene che sono atti della funzione legislativa quelli che pongono delle norme giuridiche che si rivolgono impersonalmente con carattere di generalità e astrattezza a tutti i soggetti dell’ordinamento.
Passando agli atti subordinati alla legge e che ne costituiscono applicazione, occorre soffermarsi sulla struttura interna di ogni norma giuridica, riconoscendo che essa è composta di due parti entrambe necessarie per la giuridicità.
La prima parte è data dal PRECETTO che contiene le regole di condotta cui devono conformarsi tutti i soggetti cui è diretto l’ordinamento; la seconda è data dalla SANZIONE e cioè dall’affermazione della giuridicità della norma e del precetto. La sanzione non consiste in una applicazione di misura coattive ma nella dichiarazione della necessità dell’osservanza del precetto.
L’attuazione del precetto è necessaria per tutti i soggetti cui esso astrattamente si dirige e ne indica i comportamenti ammissibili.
La sanzione invece si dirige al potere giurisdizionale e così mentre gli atti di attuazione e specificazione del precetto e di individuazione per categorie (regolamenti) e per singoli vengono considerati come atti di esecuzione o amministrativi, gli atti di applicazione della sanzione si denominano sentenze le quali dichiarano l’ineluttabilità della giuridicità del precetto e l’illiceità di ogni atto che gli contraddica.
Oggi in una situazione di demarchia tra l’autorità e i cittadini corre un rapporto paritario che si esprime nella formula della imparzialità dell’amministrazione.
La qualificazione di un atto come atto amministrativo non può più avvenire dal punto di vista sostanziale in base al riconoscimento della diversità delle posizioni in gioco, ma per effetto del principio di paritarietà, l’identificazione può avvenire soltanto in quando si sia in presenza di atti di attuazione di un precetto. I precetti lasciano un campo di libertà all’amministrazione per determinare concretamente l’attuabilità del precetto, ciò che si chiama discrezionalità.
Diverso è il caso della funzione giurisdizionale, essa non è applicazione di precetti ma è applicazione di sanzioni cioè di quelle parti delle norme che non prescrivono un comportamento ma affermano la giuridicità indefettibile del precetto.
Senza sanzioni i precetti sarebbero soltanto degli inviti o dei modelli ma non avrebbero il carattere della necessaria effettività.
Anche la funzione giurisdizionale riguarda comportamenti specifici e determinati, ma essa non li prescrive ma ne accerta la corrispondenza all’ordinamento giuridico.
Nei confronti degli atti amministrativi la funzione giurisdizionale può dichiararli nulli o annullarli o nei confronti degli atti dei privati può dichiararli illeciti e talora emanare delle sanzioni coattive che si manifestano in pronunce di condanna.
Ogni atto amministrativo modifica contemporaneamente sia le posizioni dell’autorità che quelle del cittadino destinatario, rispettivamente ampliando o restringendo le reciproche posizioni.
A sua volta l’esercizio della funzione giurisdizionale modifica le posizione del potere giudiziario che da un lato si esonera dal giudicare una seconda volta sullo stesso fatto e dall’altro lato, quando la sentenza è divenuta definitiva ne è vincolato esso stesso in ogni successivo giudizio.
Gli atti delle tre funzioni assumono anche una loro forma specifica. Forma è il modo con cui i loro atti vengono esternati a seguito di un procedimento di formazione che è diverso per gli atti delle tre diverse funzioni. Anche il procedimento di formazione è forma di attuazione delle tre funzioni.
Così vi è un procedimento legislativo, esecutivo e giurisdizionale o processo.
La legge è esternata mediante la promulgazione, l’atto amministrativo mediante la comunicazione mentre la sentenza viene esternata con la sua lettura pubblica con la formula “in nome del popolo italiano” o mediante il suo deposito in uffici a ciò destinati.
La forma rappresenta il momento della sostanziazione e quindi il momento in cui l’atto viene in esistenza nell’ambito dell’ordinamento giuridico.
È alla forma che è collegata l’efficacia e forza dell’atto.
Quando la legge è promulgata e portata a conoscenza mediante la sua pubblicazione essa assume la forza di novità. Ciò significa che tutti gli atti di uguale rango che la precedono e che siano con essa contrastanti perdono valore ed efficacia di legge.
Al contrario la forma – forza degli atti amministrativi consiste della loro revocabilità.
Ogni atto amministrativo può essere revocato in ragione della modificazione delle varie situazione sottostanti proprio perché la sua funzione è quella di ottimizzare quanto previsto dai precetti.
Al contrario gli atti della funzione giurisdizionale hanno la forma – forza della immutabilità. Quando sono stati esauriti tutti i gradi di una giurisdizione, la sentenza finale non è più modificabile da nessun giudice.
Tutte queste affermazioni sono valide in linea generale; per esempio un atto amministrativo non è più revocabile quando ha interamente consumato i propri effetti mentre una sentenza passata in giudicato può essere modificata o annullata mediante un apposito processo di revocazione, quando essa sia stata ad esempio l’effetto del dolo del giudice o si sia fondata su elementi che si riconoscono poi o falsi o inesistenti.