In posizione opposta a Schmitt si pose Kelsen che affermò che la costituzione democratica è un tipo storico di costituzione che dalla rivoluzione francese in poi si è assunto il compito di demolire ogni potere privo di fondamento normativo cioè di una formale attribuzione di potere da parte delle norme costituzionali. Tale costituzione deve essere repubblicana ed escludere così poteri autocratici che si autolegittimano Il regime politico, dunque, è democratico se non sovradetermina alcun potere riconducendo tutti i poteri alla costituzione. Il primo avversario della costituzione democratica è il principio monarchico che manteneva al re poteri rilevanti perché il re tende ad affermare un potere per sé stante.
Per Kelsen poi la costituzione democratica deve essere pluralistica;egli non intende il popolo sovrano come soggetto o come persona che ha dato vita alla costituzione, come una vera e propria astrazione inaccettabile. Al contrario le costituzioni veramente democratiche non devono derivare dalla volontà del popolo sovrano così inteso ma devono essere senza autore, in modo da non poter essere considerate monopolio di qualcuno.La Costituzione democratica non ha padroni e nega a tutti la possibilità di dettare in modo autoritativo la sua interpretazione autentica. Per Kelsen la costituzione democratica è svincolata dal potere costituente ed è descritta come il frutto di un processo storico sociale dove una gran quantità di soggetti ricercano regole sociali comuni. La costituzione non è figlia di un potere o di un soggetto che esprime una volontà ma di un processo capace di mediare, di comporre le diverse istanze della comunità .
Per Kelsen la costituzione democratica oltre ad essere repubblicana e pluralista è anche parlamentare perché solo il parlamentarismo può comporre le diverse istanze ed interessi sociali. Nel parlamento gli artefici del dialogo che porta alla composizione degli opposti interessi sono i partiti politici che, per avere effettivamente questa funzione rappresentativa, devono accedere al parlamento con metodo proporzionale. Infatti, il maggioritario taglierebbe fuori fette sociali che non sarebbero rappresentate.
In Kelsen, tuttavia, la centralità del parlamento non degenera in sovranità perché la legge che esso emana mantiene la sua posizione di supremazia nel sistema delle fonti del diritto e la sua validità finchè corrisponde alla costituzione. Il controllo di costituzionalità delle leggi, dunque, è uno strumento prezioso per garantire che il parlamento non divenga sovrano. La legge del parlamento non è più inattaccabile perchè espressione della volontà del popolo sovrano ma deve essere conforme alla costituzione pluralista altrimenti è disapplicata.
Per Kelsen se il parlamento come luogo della mediazione non funziona più a causa della crisi dei partiti è necessario riscrivere le regole e non affermare la continuità dello stato come diceva Schmitt. Il fallimento della mediazione parlamentare infatti era il fallimento della democrazia e quindi della costituzione.
Dalle opere di Schmitt e di Kelsen scaturirono due diverse concezioni delle costituzioni democratiche che hanno dominato il novecento. Quale di queste concezioni è prevalsa? La prevalenza dell’una o dell’altra è stata fortemente influenzata dal contesto storico particolare dei vari paesi d’Europa. In linea di massima è stata recepita da Schmitt l’idea che la costituzione è democratica perché è voluta dal popolo sovrano e da Kelsen l’idea che la costituzione è democratica perché non consente a nessuno di occupare l’intero spazio di azione entro cui si muovono le forze sociali e politiche perché spinge queste ultime al dialogo. In concreto, poi, ciascuna costituzione europea della seconda metà del novecento ha costruito un nuovo modello di costituzione democratica. Infatti, il potere costituente ha finito col perdere la sua originaria aggressività nei confronti della costituzione positivamente vigente, associandosi al concetto di legalità costituzionale che limita la potestà dello stesso legislatore. Anche il modello Kelseniano è stato parzialmente mutato perché era eccessivamente incline a far coincidere democrazia e relativismo e a considerare buona ogni soluzione legislativa purchè assunta rispettando la regola generale del compromesso.
I regimi europei della seconda metà del novecento aspiravano ad essere democrazie costituzionali cioè dotate di una precisa identità perché dotate di una costituzione in cui si esprimono i principi fondamentali che caratterizzano il regime politico. La legalità che queste democrazie esprimono è diversa da quella della rivoluzione francese che consentiva al popolo sovrano di sovvertire l’ordine ma anche da quella di estrazione Kelseniana che si basava su un continuo accordo e compromesso tra forze sociali. Tali costituzioni poi rappresentano il compromesso utile a superare la frattura tra democrazia e costituzionalismo. Infatti, la democrazia costituzionale aspira ad un giusto equilibrio tra il principio democratico e il ruolo del legislatore e del governo e l’idea dei limiti della politica da fissare con la forza normativa della costituzione. Essa però è instabile.