Presunzioni semplici e presunzioni semplicissime
Le presunzioni semplici sono quelle formulate dal giudice e devono essere basate su elementi gravi, precisi e concordanti. Vi sono però anche dei casi in cui le presunzioni sono ammesse anche in assenza di tali requisiti. Tali norme riguardano casi in cui non si tratta di accertare un fatto ma di determinare un valore. Le presunzioni semplicissime non sono autentiche presunzioni, perché non riguardano l’accertamento di un fatto, ma ad un ragionamento di tipo induttivo ossia ad una valutazione equitativa. Non sempre le presunzioni semplici sono ammesse nel processo tributario; non lo sono quando il legislatore per certe imposte, pone un sistema chiuso di regole probatorie, imponendo determinati mezzi di prova.
L’onere della prova
Il problema dell’onere della prova si presenta al giudice quando, al momento della decisione, di un fatto non esista né la prova che è avvenuto, né la prova che non si è verificato. In altri termini, in sede giudiziale, il fatto non provato equivale a fatto non avvenuto. Nel processo tributario di impugnazione la mancata prova dei fatti, se contestati dal ricorrente, equivale alla prova negativa; il che significa dire che l’amministrazione ha l’obbligo di provare i fatti sui quali si fonda l’atto impugnato.
Un fatto assunto come presupposto per l’emanazione di un atto amministrativo, si aveva per processualmente provato, fino a che il ricorrente non avesse fornito la prova negativa. Questo assurdo privilegio del fisco ha cessato di operare. In conclusione l’amministrazione finanziaria, deve provare i presupposti del provvedimento che ha emesso. Quando il contribuente impugna un atto che nega una esenzione, si ritiene che il contribuente sia onerato dalla prova dei presupposti dell’esenzione. Quando il contribuente agisce invece per ottenere un rimborso, deve dimostrare i presupposti del suo diritto.