Contenuto del ricorso nel processo tributario
L’atto iniziale del processo tributario è il ricorso, che un atto il cui contenuto è una domanda motivata rivolta al giudice. Il ricorso deve contenere l’indicazione:
1) della commissione adita
2) del ricorrente e del suo legale rappresentante, della relativa residenza, e del codice fiscale
3) dell’ufficio del ministero o dell’ente locale o concessionario contro cui il ricorso è proposto
4) dell’atto impugnato e dell’oggetto della domanda
5) dei motivi
Tranne l’indicazione del codice fiscale, tutte le altre indicazioni previste dalle legge sono prescritte a pena di inammissibilità.
La notificazione del ricorso: modi e termini
Il ricorso deve essere innanzitutto notificato al soggetto contro cui è proposto. La notifica può essere fatta in tre modi: la prima modalità è quella prevista dal c.p.c. ( ufficiale giudiziario). Gli altri due modi sono: la spedizione postale e la consegna dell’atto alla controparte. La notificazione del ricorso deve essere fatta entro 60 gg. dalla notificazione dell’atto contro cui si ricorre. Per i ricorsi proposti contro il rifiuto tacito non è previsto alcun termine decadenziale. Il termine per impugnare è sospeso quando il contribuente, che riceve avviso di accertamento, presenta all’ufficio istanza di concordato. Tale periodo di sospensione è di 90 gg..
Il ricorso contro il ruolo formato dai Centri di Servizio
Il ricorso è indirizzato anche qui alla commissione, ma va presentato al centro di servizio, che può accoglierlo prevenendo così la lite. Decorsi 6 mesi (non oltre i 2 anni) dalla presentazione del ricorso al Centro di Servizio, se non vi è stata accoglimento da parte del Centro, il ricorrente, deve presentare copia del ricorso presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale. Tale segreteria richiede l’originale del ricorso al Centro di Servizio.
Gli atti impugnabili
Il processo tributario può essere instaurato solo con la impugnazione di uno degli atti indicati dal legislatore. Tali atti si dividono in: autonomamente impugnabili e non autonomamente impugnabili. I primi sono i seguenti:
1) avviso di accertamento
2) avviso di liquidazione
3) provvedimento che irroga sanzioni
4) iscrizione a ruolo e cartella di pagamento
5) avviso di mora
6) rifiuto espresso o tacito di restituzione
7) atti delle operazioni catastali
Gli atti non inclusi nell’elenco sono impugnabili non autonomamente ma insieme con quelli impugnabili.
I motivi del ricorso
Ogni atto può essere impugnato per i vizi che lo concernono (vizi propri) e non per i vizi che riguardano altri atti; un atto non può essere impugnato per vizi di atti precedenti. Per i ricorsi contro l’avviso di accertamento non vi sono limitazioni; tutti i vizi dell’avviso, di forma o di sostanza, che possono determinare l’annullamento, sono deducibili come motivi del ricorso. Nell’impugnazione dell’avviso di liquidazione, può essere fatto valere ogni vizio che attenga alla liquidazione.
L’iscrizione a ruolo con la cartella di pagamento, presuppone un avviso di accertamento o una dichiarazione; i vizi dell’accertamento debbono essere fatti valere impugnando tale atto, e quindi non possono essere fatti valere impugnando il ruolo. L’avviso di mora è atto del Concessionario della riscossione e non dell’ufficio delle entrate. Se l’avviso di mora non è stato preceduto dalla cartella di pagamento, lo si potrà impugnare per tale motivo. Se invece è stato preceduto dalla notificazione della cartella potrà essere impugnato contestando che vi sia mora. Circa il provvedimento sanzionatorio, è da ricordare che la applicazione delle sanzioni amministrative, nelle imposte le cui controversie sono attribuite alle commissioni, è di competenza dello stesso ufficio che amministra l’imposta.
Pertanto l’impugnazione dell’atto amministrativo che applica una sanzione, è diretta all’annullamento dell’atto sanzionatorio.
Azioni esperibili. Le azioni di impugnazione; critiche alla teoria dichiarativa
Per una parte della dottrina, l’impugnazione mira all’annullamento dell’atto. Per un’altra parte della dottrina, invece, il giudizio avrebbe natura impugnatoria, perché avrebbe come esito una sentenza di natura dichiarativa. La giurisprudenza segue un orientamento sincretistico. Essa è infatti legata agli assunti secondo cui il rapporto tributario nasce, per legge, al verificarsi del presupposto, sicché gli atti dell’amministrazione finanziaria hanno effetti dichiarativi. Da tali premesse le conseguenze sono:
– quando l’impugnazione verte su vizi formali dell’atto, e il giudice riconosce fondato il ricorso, si ha l’annullamento dell’atto impugnato; il giudice riconosce fondato il ricorso, si ha l’annullamento dell’atto impugnato; il giudizio ha quindi i caratteri del giudizio di annullamento, ed in tale annullamento si esaurisce;
– quando non sono sollevate questioni di vizio formale, o queste sono superate, il giudizio verte sull’an o sul quantum dell’imposta; in tali casi il giudizio assume i caratteri di un giudizio di accertamento
– infine, hanno carattere impugnatorio anche le azioni di rimborso, sia quando esercitate con ricorso avverso il provvedimento di rifiuto, sia quando esercitate a seguito di silenzio dell’amministrazione.
Critica alla teoria dichiarativa.
Le azioni di condanna
Il ricorso può essere proposto, non solo dopo che l’amministrazione ha rifiutato il rimborso, ma anche quando si impugna un provvedimento d’imposizione, e si chiede il rimborso di ciò che sarà pagato in via provvisoria nelle more del giudizio.
L’atto con cui l’amministrazione respinge un’istanza di rimborso è inserito espressamente tra gli atti impugnabili. Con il ricorso il contribuente chiede: che venga accertato il suo credito; che venga annullato il rifiuto del rimborso; che l’amministrazione venga condannata a pagare. La domanda di rimborso va presentata entro i termini previsti da ciascuna legge d’imposta. Se le singole leggi non dispongono nulla, il termine è di due anni. Il termine per la presentazione del ricorso è invece collegato al rifiuto: se è espresso entro 60 gg. dalla notificazione dell’atto; se è tacito non vi è alcun termine processuale, ed opera il termine di prescrizione del diritto al rimborso.