Le sanzioni sono previste negli artt. 128 e ss. L’autoritĂ competente per al controllo, comunque, solitamente coincide con quella competente per il rilascio dell’autorizzazione. L’art. 129 stabilisce chiaramente quanto segue: “L’autoritĂ competente al controllo e’ autorizzata a effettuare le ispezioni, i controlli e i prelievi necessari all’accertamento del rispetto dei valori limite di emissione, delle prescrizioni contenute nei provvedimenti autorizzatori o regolamentari e delle condizioni che danno luogo alla formazione degli scarichi. Il titolare dello scarico e’ tenuto a fornire le informazioni richieste e a consentire l’accesso ai luoghi dai quali origina lo scarico.”. Il mancato rispetto di una tale condotta comporta delle sanzioni penali, descritte all’art. 137. In caso di inosservanza delle prescrizioni dell’autorizzazione, il titolare dell’attivitĂ viene punito con una sanzione in via penale o in via amministrativa, a seconda della natura dello scarico; a tali sanzioni si accompagna sempre la possibilitĂ per la P.A. di procedere, secondo la gravitĂ dell’infrazione, alla diffida, sospensione o addirittura revoca dell’autorizzazione. La diffida viene applicata quando si vuole imporre di regolarizzare l’attivitĂ entro un certo termine, la sospensione in caso di pericolo per l’ambiente e per le persone; nel caso in cui, invece, vi sia un mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che possono creare pericolo per l’ambiente o per le persone si arriva alla revoca dell’autorizzazione. Le sanzioni principali sono previste negli artt. 133, 134 e 137 del d.lgs. 152/2006: all’interno di queste norma si stabilisce, per esempio, che chiunque apra o effettui uno scarico senza autorizzazione (o mantenga uno scarico dopo la sospensione o la revoca di un’autorizzazione) è punito con l’arresto o con un ammenda. L’art. 132, co. 2 stabilisce che chiunque apre od effettua scarichi senza autorizzazione o mantiene scarichi dopo la sospensione o la revoca della stessa, è punito con la sanzione amministrativa da 6 mila a 60 mila €.Il mancato rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione (art. 137, co. 4) comporta una sanzione penale; c’è, però, un dibattito giurisprudenziale sulla lettera della norma: “salvo che il fatto non costituisca reato”. Qual è allora il discrimine tra sanzioni penali o amministrative pecuniarie? L’orientamento maggioritario (e piĂą aderente alla lettera della norma) afferma che non tutte le ipotesi di acque reflue industriali devono essere sanzionate penalmente, ma solo quelle aventi ad oggetto sostanze pericolose. In caso di superamento dei valori limite nello scarico, risulta ancora meno agevole capire quando la sanzione è penale o amministrativa; si fa riferimento all’art. 137, co. 5, che scrive che, in caso di violazione dei valori indicati nelle tabelle di cui all’Allegato 5, si è puniti con l’ ”arresto fino a due anni e con l’ammenda da tremila euro a trentamila euro”: esiste, quindi, un doppio regime sanzionatorio, arresto e ammenda cumulativi. L’art. 135 dispone che in materia di accertamento degli illeciti amministrativi e la conseguente irrogazione della sanzione amministrativa pecuniaria si applica la l. n. 689/1981 (cosiddetta  Legge di depenalizzazione); l’art. 136, poi, stabilisce che i proventi delle sanzioni amministrative pecuniarie devono essere riassegnati a determinati fondi per opere di risanamento e riduzione dell’inquinamento dei corpi idrici. Interessanti anche altri due articoli: il 139 e il 140. Il primo subordina la sospensione condizionale della pena (una sentenza di condanna, quindi, è giĂ intervenuta) al risarcimento del danno e all’effettuazione di tutte le operazioni di messa in sicurezza, ripristino e bonifica dell’impianto da parte del trasgressore; il secondo invece afferma che, qualora prima del giudizio il trasgressore ripari interamente il danno arrecato, le sanzioni penali e amministrative sono diminuite dalla metĂ ai due terzi.
Per quanto riguarda il guasto tecnico, questo, a differenza che nel caso delle emissioni atmosferiche, non esclude la responsabilità . L’unico caso che ha costituito un’eccezione nella concezione sopra esposta, è la sentenza pronunciata dalla III sezione della Cassazione penale, sent. n. 4009/1999, in cui si è detto che se sono rispettati gli obblighi di vigilanza e manutenzione e se il superamento dei valori limite è stato occasionato da un imprevedibile guasto, il produttore non è ritenuto responsabile. A parte il fatto che al tempo si applicava ancora la Legge Merli, ma questo fu l’unico caso di esonero del titolare dell’attività dalla responsabilità per inquinamento derivante da guasto tecnico. Una sentenza successiva, la n. 1054/2003, è il paradigma dell’orientamento che la Corte segue, ovvero ascrive il guasto ad una condotta negligente dell’imputato, che, essendo in una posizione professionale delicata, dovrebbe adottare degli accorgimenti maggiori rispetto all’uomo medio (per esempio, attuare il blocco automatico dell’impianto nel caso in cui si verifichi un guasto).