Interessante il secondo intervento del Prof. Carratta che si distacca dall’opinione prevalente secondo cui la preclusione troverebbe il proprio fondamento nel principio di ragionevole durata del processo, invece Carratta individua nella preclusione un’espressione di auto-responsabilità delle parti .
Sarebbe cioè uno strumento che è diretto non solo a garantire un ordinato svolgimento delle vicenda processuale ma è anche diretto a imporre alle parti di collaborare per garantire una ragionevole durata del processo penale.
Carratta poi sottolinea che è compito del legislatore attuare in maniera calibrata il principio di preclusione, per bilanciare in maniera corretta l’esigenza di celerità del processo con l’esigenza di difesa delle parti.
Non c ‘è dubbio infatti che la preclusione incida sui diritti delle parti, è quindi compito del legislatore equilibrare la preclusione.
Ad es. consentendo alle parti di essere reintegrate nel potere d compiere l’atto quando si è maturata la preclusione se non l’hanno potuto compiere prima per cause che non sono dipese da loro
Nel terzo intervento la Professoressa Del Coco riprende quanto detto il precedenza sulla preclusione, sottolineando che è impensabile che la tutela della ragionevole durata del processo possa realizzarsi a discapito del diritto di difesa e delle altre garanzie processuali. Le due diverse esigenze vanno contemperate tra loro!
L’autrice poi mette in luce il rapporto che c’è tra il procedimento principale e l’incidente cautelare.
Sottolinea quindi che nell’ottica di ridurre i tempi del processo la giurisprudenza, ma anche il legislatore hanno cercato di ridisegnare l’incidente cautelare a immagine e somiglianza del procedimento principale e in particolare si è finito con il limitare il potere del giudice di merito di valutare le questioni di diritto già decide in sede incidentale.
Ma in questo modo si è finito solo con il ledere le garanzie proprie dell’imputato: come la presunzione di non colpevolezza o la garanzia del giudice naturale precostituito per legge.