Il giudizio direttissimo era già stato ampiamente sperimentato sotto la vigenza del codice del 1930, nel quale costituiva una delle forme di semplificazione. Sotto il profilo strutturale, il rito direttissimo presenta una forte somiglianza con il giudizio immediato chiesto dal pubblico ministero: in entrambi i casi, infatti, l’iniziativa della pubblica accusa consente di passare rapidamente dalla fase delle indagini preliminari a quella del dibattimento, omettendo l’udienza preliminare. La diversità tra i suddetti procedimenti attiene ai presupposti:
- l’instaurazione del giudizio immediato consegue, in alternativa, o ad una valutazione giurisdizionale di esistenza di gravi indizi che fondano una misura custodiale o ad una valutazione del pubblico ministero che ritenga evidente la prova di reità;
- l’instaurazione del rito direttissimo richieste presupposti di tipo oggettivo che consistono nell’arresto in flagranza o nella confessione resa dall’indagato.
Il d.l. n. 92 del 2008 ha ridisciplinato il rito direttissimo prevedendo tre ipotesi, due obbligatorie ed una facoltativa:
- (obbligatoria) il pubblico ministero deve procedere con giudizio direttissimo, salvo che ciò pregiudichi gravemente le indagini, quando l’indagato è stato arrestato in flagranza di reato e l’arresto è stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari (art. 449 co. 4). Il pubblico ministero instaura il rito direttissimo facendo condurre l’accusato, evidentemente sottoposto ad misura cautelare custodiale, in udienza entro trenta giorni dall’arresto;
- (obbligatoria) il pubblico ministero deve procedere con giudizio direttissimo anche quando l’indagato abbia reso confessione all’autorità giudiziaria nel corso di un interrogatorio (co. 5). L’imputato, in questo caso libero, viene citato a comparire ad un’udienza entro il trentesimo giorno dall’iscrizione nel registro delle notizie di reato;
- (facoltativa) il pubblico ministero ha la facoltà di procedere con giudizio direttissimo con la modalità della presentazione al giudice del dibattimento quando ritiene di chiedere a quest’ultimo la convalida dell’arresto(art. 449 co. 1). In tal caso l’arrestato in flagranza deve essere condotto direttamente nell’aula dibattimentale non oltre il termine di quarantotto ore dall’inizio della limitazione della libertà. Dato che la convalida dell’arresto rappresenta un presupposto del rito:
- se l’arresto viene convalidato, si procede a giudizio direttissimo (co. 2);
- se l’arresto non viene convalidato, il giudizio direttissimo non ha luogo e gli atti sono restituiti al pubblico ministero (co. 3). Ai sensi dell’art. 449 co. 2, tuttavia, il rito direttissimo si instaura, pur in mancanza della convalida, quando la pubblica accusa e l’imputato vi consentono.
Il pubblico ministero può avere una remora a disporre il giudizio immediato quando vi sono procedimenti connessi e per alcuni di essi manchino i presupposti che legittimano il rito speciale. Sebbene si possano separare i procedimenti e chiedere il giudizio immediato soltanto per quello per cui sussistano i presupposti, ciò non può pregiudicare gravemente le indagini. Se i procedimenti restano riuniti, quindi, prevale ex lege il rito ordinario (art. 449 co. 6).
All’instaurazione del rito provvede il pubblico ministero, con forme diverse a seconda che:
- l’accusato si trovi in stato di arresto o di custodia cautelare: in tali casi il pubblico ministero fa condurre la persona in vinculis direttamente in udienza, ove gli contesta oralmente l’imputazione (art. 451 co. 4);
- l’accusato sia libero o sottoposto a misure cautelari non custodiali: in questi casi il pubblico ministero fa notificare all’imputato una citazione a comparire, nella quale deve essere enunciato il fatto addebitato (art. 450 co. 2 e 3).
In tutti i casi di giudizio direttissimo è la pubblica accusa a formare il fascicolo per il dibattimento, che viene trasmesso alla cancelleria del giudice competente. Gli atti delle indagini restano depositati presso la segreteria del pubblico ministero, in modo da consentire al difensore di prenderne visione (art. 450 co. 6). Una volta introdotto il rito direttissimo, il giudice del dibattimento ha il potere-dovere di valutare la sussistenza dei presupposti del medesimo:
- se la verifica dà esito negativo, egli deve rimettere gli atti al pubblico ministero con ordinanza (art. 452 co. 1);
- se la verifica dà esito positivo, il giudice è vincolato a procedere al dibattimento.
Forme del dibattimento
In linea di massima, il dibattimento si svolge nelle forme ordinarie (art. 450 co. 1), anche se vi sono alcune particolarità:
- per esigenze di celerità, si prevede che le parti possano far citare oralmente la persona offesa e i testimoni, ovvero possano presentarli direttamente in udienza (co. 2 e 3).
- quando si procede a seguito di citazione, il pubblico ministero contesta oralmente l’accusa all’imputato presente (art. 451 co. 4);
In ogni caso il presidente avverte l’imputato della facoltà di chiedere il giudizio abbreviato o il patteggiamento (co. 5) oppure, in alternativa, un termine per preparare la difesa (co. 6). Se l’imputato si avvale di tale facoltà, il giudice deve sospendere il dibattimento sino all’udienza successiva alla scadenza del termine.
Giudizio direttissimo previsto da leggi speciali
Alcune leggi speciali hanno introdotto figure particolari di giudizio direttissimo obbligatorio:
- quando si perseguono reati concernenti armi ed esplosivi (l. n. 356 del 1992);
- quando si perseguono reati finalizzati alla discriminazione razziale, etnica e religiosa (l. n. 205 del 1993);
- quando si perseguono fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (l. n. 41 del 2007).