Il codice del 1930 risulta essere saldamente ancorato al primato della pena detentiva, accanto alla quale quella pecuniaria ricopre un ruolo soltanto marginale. Le pene previste nel codice, comunque, si distinguono in:

  • pene principali (art. 17), inflitte dal giudice con sentenza di condanna, le quali, a loro volta, si distinguono in:
    • per i delitti, l’ergastolo, la reclusione e la multa.
    • per le contravvenzioni, l’arresto e l’ammenda.
    • pene accessorie (art. 20), che conseguono ex lege dalla condanna.

La pena di morte è un problema di perenne attualità:

  • sul piano ideologico-politico, il diritto dello Stato di uccidere è estraneo alla logica di un ordinamento personalistico, che considera l’uomo come valore etico in sĂ© e non come strumento per fini generalpreventivi.

Ben si giustifica, invece, nella logica degli ordinamenti utilitaristici, ampliandosi via via che dal principio della maggior felicitĂ  dei piĂą si passa alle piĂą drastiche affermazioni della Ragioni di Stato e del potere assoluto della collettivitĂ  sui singoli.

  • sul piano logico-scientifico, la pena di morte trova una sua giustificazione utilitaristica nell’ambito della concezione della pena come prevenzione generale, per la sua esemplaritĂ  e la sua massima efficacia intimidatrice.
  • sul piano della politica criminale:
    • da parte degli antiabolizionisti si invoca:
      • la massima forza generalpreventiva.
      • la massima forza specialpreventiva.
      • la massima capacitĂ  di placare l’allarme sociale provocato dal reato.
  • da parte degli abolizionisti si invoca:
    • l’inutilitĂ  sotto il profilo della prevenzione generale, poichĂ© l’esperienza dimostrerebbe che tale pena non serve a diminuire il numero dei delitti.
    • la dannositĂ  sociale, perchĂ© tale pena rappresenta una scuola di ferocia .
    • la non necessitĂ , poichĂ© la societĂ  organizzata ha altri mezzi per impedite che il reo ripeta i propri misfatti.
    • l’irreparabilitĂ  in caso di errori giudiziari.

Tale problema, tuttavia, è risolvibile non tanto sulla base degli argomenti utilitaristico-statistici, in quanto tali facilmente capovolgibili, bensì sulla base dell’opzione radicale tra la concezione personalistica dell’intangibilità della vita umana come diritto assoluto e indisponibile, e la concezione utilitaristica della strumentalizzabilità della vita umana anche per fini di politica criminale.

 Il nostro diritto, comunque, è pervenuto alla totale eliminazione della pena di morte, che è stata sostituita dall’ergastolo, e ciò attraverso:

  • un’iniziale abolizione temperata, in quanto la pena di morte, esclusa come pena ordinaria, era ammessa come pena eccezionale per le leggi militari di guerra (art. 27 co. 2).
  • una successiva abolizione totale anche nelle suddette leggi militari da parte della l. n. 589 del 1994.

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