Il problema della pericolosità, tuttavia, più che un problema di ammissibilità è un problema di accertabilità scientifica. Anziché in termini di soppressione di tale categoria di soggetti, quindi, il problema della pericolosità va più realisticamente affrontato con la maturata consapevolezza dei limiti delle tecniche predittive, dovuti al margine di incognite che qualsiasi condotta umana futura immancabilmente contiene.
Tra i vecchi ottimismi e i recenti pessimisti delle scienze antropologiche sulla diagnosticabilità della pericolosità, comunque, esiste lo spazio per l’equilibrato realismo delle posizioni intermedie che, considerando la pericolosità un punto fermo nella lotta contro il crimine:
- ne ammettano non l’impossibilità, ma la difficoltà di accertamento.
- ritengano indispensabile un potenziamento della scientificità dell’accertamento.
- auspichino un potenziamento delle garanzie giuridiche, aprendosi in ordine all’accertamento anche il profondo contrasto tra le esigenze garantiste di legalità, certezza e chiarezza giuridica e il criterio antropologico del caso per caso.
- portino all’eliminazione della contraddizione della non accertabilità positiva (dell’esistenza) e delle accertabilità negativa (dell’assenza) della pericolosità.
Contro gli opposti estremismi, viene da certa dottrina indicata quale soluzione preferibile quella:
- di sopprimere ogni presunzione legale di esistenza e di persistenza di pericolosità, che comporti fratture tra la pericolosità legale e la pericolosità reale, portando a considerare pericolosi soggetti che non lo erano ancora o non lo sono più al momento del fatto.
- di tipizzare fattispecie legali di pericolosità, essendo impensabile l’abolizione anche delle tipologie soggettive criminologicamente fondate.
- di rendere più rigorosi i presupposti di accertamento, fondati anzitutto sulla gravità dei precedenti reati e del reato commesso.
Il codice del 1930 prevedeva sia ipotesi di pericolosità accertata dal giudice, sia ipotesi di pericolosità presunta dalla legge. Si ha accertamento giudiziale quando la pericolosità deve essere accertata caso per caso dal giudice, in conformità al disposto dell’art. 204 co. 1 (abrogato), per il quale le misure di sicurezza sono ordinate, previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa . Tale accertamento, in particolare:
- si articola in due momenti:
- l’accertamento delle qualità indizianti, da cui dedurre la probabile commissione di nuovi reati.
- la prognosi criminale, ossia il giudizio sul futuro criminale del soggetto.
- va effettuata sulla base della gravità sia del reato commesso sia, in particolare, degli elementi da cui va desunta la capacità a delinquere, sancendo l’art. 203 che la qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate dall’art. 133 .
- va operato con riferimento non solo al momento della commissione del fatto, ma anche a quello in cui il giudice ordina la misura di sicurezza.
La pericolosità, al contrario, è presunta quando la legge riconosce il soggetto come pericoloso sulla base di determinate condizioni di fatto (es. proscioglimento per infermità psichica), senza previo accertamento della sua effettiva pericolosità. Tale presunzione, di esistenza (al momento del fatto) o di persistenza (anche al momento dell’applicazione della misura di sicurezza), era sancita dall’art. 204 co. 2 (abrogato), per il quale nei casi espressamente determinati, la qualità di persona socialmente pericolosa è presunta dalla legge.
Tale pericolosità presunta, tuttavia, ammettendo una pericolosità sociale che in concreto poteva non esistere, è stata accusata di creare fratture tra diritto e realtà naturale. Il sistema della pericolosità, quindi, è stato profondamente rinnovato dall’art. 3 della l. n. 663 del 1986, il quale, abrogando l’art. 204, ha disposto che tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa . Circa l’ambigua portata abrogatrice della riforma, diverse sono le interpretazioni, la principale delle quali, tuttavia, ritiene che si tratti dell’abrogazione delle presunzioni di esistenza e di persistenza della pericolosità, ma non anche delle fattispecie presuntive specifiche, le quali non sono state soppresse ma trasformate da fattispecie presuntive a fattispecie indizianti di pericolosità.