Lo studio della criminalità come metodo scientifico inizia soltanto con la Criminologia, nata come scienza autonoma a metà del secolo XIX, la quale si serve dei metodi delle scienze naturali e sociali ai fini dello studio della realtà criminale. Lungi dal costituire una scienza esatta, essa incontra non poche difficoltà nell’accesso al materiale umano di ricerca, presenta sia una limitatezza di strumenti di indagine sia una relatività di risultati teorici e pratici ed è particolarmente esposta agli apriorismi soggettivistici, ai dogmatismi e alle ideologizzazioni. I fattori della criminalità costituiscono un problema centrale dal punto di vista non solo teorico, ma anche pratico, poiché da esso dovrebbe dipendere, in ultima analisi, la soluzione del problema della lotta contro la criminalità.

Già nel suo sorgere, comunque, nella Criminologia si manifestarono due indirizzi, uno individualistico e uno sociologico (non trattato), che contrassegnarono per decenni lo sviluppo della sua disciplina. L’indirizzo individualistico, per cui le cause primarie (o esclusive) della criminalità sono da ricercare in fattori endogeni, incentra lo studio della criminalità principalmente sulla personalità del singolo individuo delinquente. Tale indirizzo, sostenendo la predisposizione individuale alla delinquenza, è andato a poco a poco sviluppandosi:

  1. negli orientamenti fisico-biologici.
  2. negli orientamenti psicologici.

 Orientamento fisico-biologico

Nell’ambito dell’orientamento fisico-biologico sono riconducibili numerose correnti, le quali hanno via via esteso la ricerca ai settori più disparati. Tra tutte le teorie, comunque, quelle che più di tutte influenzarono il pensiero criminologico nel campo individualistico-antropologico furono quelle lombrosiane. Lombroso, infatti, attraverso lo studio antropometrico di molti delinquenti, sostenne la nota teoria del cosiddett  delinquente nato, ossia di un tipo antropologico di individuo che, per le sue anomalie congenite, sarebbe fatalmente portato al delitto, indipendentemente dalle condizioni ambientali, ed esteriormente riconoscibile per particolari stimmate degenerative anatomiche (es. asimmetrie craniali, fronte bassa) e particolari caratteristiche psicologiche (es. mancanza di senso morale, crudeltà). Con la teoria dell’atavismo, in particolare, Lombroso tentò di spiegare la condotta del delinquente, la quale, criminosa in rapporto all’attuale civiltà umana, sarebbe stata normale rispetto ad un primordiale stadio dell’umanità.

 La moderna antropologia criminale ha poi posto l’attenzione sui rapporti tra costituzione e condotta criminosa, passando dall’antropometria lombrosiana alla tipologia costituzionalistica. Per i costituzionalisti, le variabili individuali della costituzione fisica, determinate su basi essenzialmente ereditare, sono riunibili in pochi tipi costituzionali, cui corrispondono tipiche caratteristiche psichiche e da cui, pertanto, è possibile enucleare differenti disposizioni comportamentali.

Con l’indirizzo costituzionalistico bio-psichico, in particolare, si cerca di porre in evidenza che la predisposizione al crimine ha le sue radici nel profondo dell’essere biologico , composta indivisibilmente di materia e spirito, di tessuti, di umori e di coscienza.

 Orientamento psicologico

Nell’ambito nell’orientamento individualistico, accentrante l’attenzione sui fattori psichici della criminalità, si sono sviluppati gli indirizzi psichiatrici e psicoanalitici (non trattato).

Gli indirizzi psichiatrici, in particolare, raggruppano quelle teorie che, vedendo nei disturbi mentali il fattore di maggior significato rispetto alle condotte criminali, pervennero ad una pratica identificazione tra criminalità e anomalia psichica. Sebbene una classificazione dei disturbi psichici sia piuttosto ardua, muovendo dalla prospettiva medica è possibile distinguere tra anomalie psichiche e psicosi (non trattato).

 Le anomalie psichiche, a loro volta, si distinguono in:

  • deficienze mentali, caratterizzate da uno sviluppo dell’intelligenza inferiore alla media, attribuibile a carenze congenite o anche a un processo morboso organico prenatale, intranatale, postnatale o, comunque, anteriore alla maturità intellettiva.
  • reazioni psicogene abnormi, da intendersi come anomalie inabituali ed episodiche, perché consistenti in una risposta psichica inadeguata ad eventi esterni. Tali reazioni cessano col cessare della causa e possono manifestarsi anche in personalità di struttura armonica.
  • personalità abnormi, da intendersi come anomalie praticamente costanti, che vengono quindi a rappresentare un attributo stabile della personalità.

 Sotto il profilo criminologico si ritiene fondamentale distinguere a seconda che le reazioni psicogene e le personalità abnormi presentino tendenze nevrotiche o psicopatiche. Le risposte a certi stimoli (es. frustrazioni, conflitti psichici), infatti, si traducono, nel primo caso, essenzialmente in una sofferenza personale del soggetto (autoaggressività), mentre nel secondo in una sofferenza per gli altri soggetti (eteroaggressività), onde le reazioni e le personalità nevrotiche hanno un significato criminogeno meno importante di quelle psicopatiche:

  • circa le personalità nevrotiche, esse si differenziano dalle nevrosi vere e proprie. Le prime presentano aspetti nevrotici come tratto costante per tutta la vita, mentre le seconde hanno un andamento processuale, come una malattia, ed una maggiore intensità del semplice disturbo nevrotico di personalità.
  • circa le personalità psicopatiche, di non facile classificazione, sono stati indicati alcuni indici tipici e comuni (es. intelligenza non compromessa, assenza di ansia nevrotica, mancanza di senso di responsabilità). Poiché tali aspetti del carattere psicopatico sono preferenziali nelle sottoculture delinquenziali, le personalità psicopatiche sono ivi non solo temute ma anche rispettate ed esaltate.

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