Il diritto penale del fatto è retto da quattro principi fondamentali:
- il principio di legalità.
- il principio di materialità
- il principio di offensività
- il principio di soggettività
Il diritto penale ha lungamente oscillato tra due principi, rispettive espressioni di un diritto penale a base soggettivistica e a base oggettivistica:
- per il primo principio il reato è concepito come violazione di un mero dovere di ubbidienza, non essendo necessaria per la sua esistenza alcuna offesa ad un concreto interesse.
- per il principio di offensività il reato deve sostanziarsi anche nell’offesa di un bene giuridico, non essendo concepibile un reato senza offesa (nullum crimen sine iniuria).
Esso, delimitando ulteriormente l’illecito penale, presuppone ed integra il principio di materialità: mentre questo assicura contro le incriminazioni di meri atteggiamenti interni, infatti, quello garantisce contro l’incriminazione di fatti materiali non offensivi.
Contro le tentazioni minoritarie di anticipare tutta la meritevolezza della pena all’azione, va ricordato che il diritto penale, avendo la funzione di regolare i rapporti intersoggettivi, deve dare rilievo principalmente al risultato della condotta, importando alla vittima più il danno subito che le finalità dell’agente.
Nell’ambito del diritto penale dell’offesa, comunque, occorre distinguere tra:
- concezione realistica (ordinamenti a legalità formale), che considera reato soltanto il fatto che non solo è previsto dalla legge come tale, ma che è costruito dalla medesima in modo da essere necessariamente offensivo dell’interesse specifico tutelato dalla norma (offesa come elemento costitutivo del reato).
- concezione sostanzialistica (ordinamenti a legalità sostanziale), secondo la quale per aversi reato non è sufficiente che il fatto tipico offenda l’interesse specifico, occorrendo anche che esso sia pericoloso, in misura rilevante, per l’intera società (socialista).